Numerosi studi certificano che in caso di sovraffollamento in Pronto Soccorso i pazienti non ricevono un adeguato trattamento del dolore. Vediamo in questo articolo quali conseguenze ciò può comportare per pazienti ed operatori
Negli ultimi decenni si è assistito ad un aumento esponenziale degli accessi in Pronto Soccorso (PS), determinando così il fenomeno del sovraffollamento.[1] Numerosi studi certificano che in caso di sovraffollamento in PS i pazienti non ricevono un adeguato trattamento del dolore mentre questo dovrebbe costituire una priorità per gli operatori sanitari considerando che il dolore rappresenta uno dei principali motivi di accesso.
I risultati delle ricerche
Uno studio ha valutato che durante i periodi di maggior affollamento i pazienti con fratture dell’anca dovevano sopportare tempi più lunghi di attesa per la valutazione e trattamento del dolore.[2] I risultati hanno mostrato che il tempo medio di valutazione del dolore era di 40 minuti, il tempo di trattamento era di 141 minuti e il ritardo medio alla terapia era di 122 minuti.
Una ricerca, condotta su un campione di 13.758 pazienti statunitensi, ha stabilito come vi fosse una relazione diretta tra sovraffollamento e ritardi nella somministrazione di analgesici in pazienti con dolore severo.[3] I risultati hanno mostrato che in tali situazioni solo la metà dei pazienti riceveva farmaci antidolorifici.
L’affollamento del PS è stato associato a ritardi nel trattamento del dolore al triage in pazienti che presentavano dolore addominale acuto.[4]
Un altro studio ha dimostrato la forte correlazione tra l’affollamento della sala di attesa del PS e i ritardi nel trattamento analgesico in pazienti con dolori alla schiena.[5]
Una ricerca ha mostrato che chi si rivolge al PS nelle ore diurne ha il 38% in meno di probabilità di ricevere farmaci antidolorifici rispetto a chi vi si reca nelle ore notturne, ore in cui l’afflusso dei pazienti è notevolmente ridotto rispetto al giorno.[6]
Quali cause?
I pazienti destinati al ricovero, che sono costretti a rimanere in PS per tempi talora molto lunghi a causa della mancanza di posti letto all’interno dell’ospedale, assorbono una notevole quantità di risorse umane e di tempo, che vengono sottratte alla loro funzione naturale. Uno studio statunitense ha valutato come nella metà dei dipartimenti di emergenza esaminati il numero di pazienti eccedesse il numero raccomandato di 4 per ogni infermiere.[7] In tali situazioni gli operatori possono essere distratti da compiti meno urgenti ma comunque essenziali alla cura ottimale del paziente come la terapia del dolore.[8] La mancanza di tempo e la carenza di personale è una delle barriere più frequentemente citata dagli infermieri per un’efficace gestione del dolore.[9]
Quali conseguenze per pazienti e operatori?
Il dolore acuto genera una serie di modificazioni fisiopatologiche note come “reazioni da stress” (tra cui tachicardia, ipertensione, ipercoagulabilità ed immunosoppressione) che sono estremamente dannose per la salute del paziente. Il trattamento del dolore acuto assume pertanto, oltre agli aspetti umani, un’importanza fondamentale anche dal punto di vista clinico in quanto in grado di influire sull’outcome del paziente, riducendo significativamente mortalità e morbilità.[10]
I rischi riguardano anche gli operatori sanitari. In Italia la valutazione e l’efficace trattamento del dolore sono un obbligo di legge per tutto il personale sanitario,[11] condizione che potrebbe configurare responsabilità in caso di inadempienza. La legge sancisce il diritto dei cittadini ad accedere alla terapia del dolore nell’ambito dei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza)[12] ed obbliga i medici e gli infermieri al monitoraggio e alla cura del dolore che è a pieno titolo il quinto parametro vitale nella documentazione clinica. Negli Stati Uniti non alleviare il dolore del paziente è considerato “malpractice”, cioè pratica medica scorretta, per la quale un medico può essere condotto in tribunale e contro la quale i professionisti USA si tutelano con robuste assicurazioni.
Anche dal punto di vista pratico un paziente che sente dolore tende sicuramente ad essere meno collaborante con il personale sanitario. Non si deve dimenticare che il ritardo o la mancata sedazione del dolore, costituendo disagio e sofferenza per il paziente e i suoi familiari, sono alla base di molti comportamenti aggressivi nei confronti del personale medico e infermieristico.[13]
Quali soluzioni?
È stato dimostrato che l’introduzione della valutazione del dolore tra i parametri da registrare in triage determina un importante miglioramento clinico, andando a ridurre il tempo necessario affinché i pazienti ricevano l’opportuno trattamento analgesico.[14] [15] Molti PS italiani (purtroppo non tutti) hanno adottato una procedura volta a fornire ad ogni paziente un trattamento analgesico tempestivo ed adeguato già all’arrivo al PS ad opera dell’infermiere di triage.[16] [17] [18]
In un altro articolo abbiamo parlato del trattamento del dolore con farmaci oppioidi (qui).
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BIBLIOGRAFIA
[1] American College of Emergency Physicians, 2002
[2] Hwang U, Richardson LD, Sonuyi TO, Morrison RS (2006) “The effect of emergency department crowding on the management of pain in older adults with hip fracture”. J Am Geriatr Soc 54: 270-275
[3] Pines JM, Hollander JE (2008) “Emergency department crowding is associated with poor care for patients with severe pain”. Ann Emerg Med 51: 1-5
[4] Mills A.M., Shofer F.S., Chen E.H., Hollander J.E., Pines J.M. (2009) “The association between emergency department crowding and analgesia administration in acute abdominal pain patients”. Academic Emergency Medicine, 16 (7), pp. 603-608
[5] Pines J.M., Shofer F.S., Isserman J.A., Abbuhl S.B., Mills A.M. (2010) “The effect of emergency department crowding on analgesia in patients with back pain in two hospitals”. Academic Emergency Medicine, 17 (3), pp. 276-283
[6] Taylor D., Chen J., Khan M. “Variables associated with administration of analgesia, nurse-initiated analgesia and early analgesia in the emergency department”. Emerg Med J 2017;34:13–19
[7] Schneider SM, Gallery ME, Schafermeyer R, Zwemer FL (2003) “Emergency department crowding: a point in time”. Ann Emerg Med 42: 167-172.
[8] Hwang U. et al. (Cit.)
[9] Schafheutle EI, Cantrill JA, Noyce PR (2001) “Why is pain management suboptimal on surgical wards?” Journal of Advanced Nursing. 33, 6, 728‑737
[10] Sinatra R. (2010) “Causes and consequences of inadequate management of acute pain”. Pain Med 11: 1859-1871.
[11] Legge 15 marzo 2010, n. 38 “Disposizioni per garantire l’accesso alle Cure Palliative e alla Terapia del Dolore”
[12] Dpcm 12.01.2017. “Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502“. Art. 38, comma 2
[13] Fry M; Ryan J, Alexander N. “A prospective study of nurse initiadet panadeine forte:expanding pain management in the ED”. Accid Emerg Nurs. 2004 july; 12(3): 136-40
[14] “Italian Intersociety Recommendations (SIAARTI, SIMEU, SIS 118, AISD, SIARED, SICUT, IRC) on Pain Management in the Emergency Setting” (Raccomandazioni intersocietarie italiane sulla gestione del dolore in emergenza), Minerva Anestesiologica, 2013
[15] Fosnocht DE, Swanson ER. “Use of a triage pain protocol in the ED”. Am J Emerg Med. 2007;25:791–793
[16] A. Fortini, A. Breschi, A. Vergara et al. “Gestione del dolore acuto in Pronto Soccorso”. Internal and Emergency Medicine, Rivista della Società Italiana di Medicina Interna, 2008
[17] Azienda USL Modena “Percorso integrato per la gestione del dolore nel Dipartimento di Emergenza ed Urgenza”. 2005
[18] Girotto E., Barin M., Trevisan F. “La gestione infermieristica del dolore nei codici bianchi e verdi in Pronto Soccorso: indagine conoscitiva e proposta di un percorso integrato”. FNOPI, Rivista L’Infermiere n°4, 2015