Per immobilizzare le dita in caso di frattura viene utilizzata una semplice stecca metallica chiamata “stecca di Zimmer”. Vediamo cos’è e come si applica
In questo articolo tratteremo delle fratture delle dita, che come frequenza rappresentano quasi la metà di tutte le fratture della mano.
Ogni dito delle nostre mani è diviso in varie ossa dette falangi. A parte il pollice, che ne ha due, le altre dita hanno ognuna tre falangi e ciascuna di esse può facilmente essere vittima di traumi più o meno gravi in conseguenza di infortuni sportivi, domestici o lavorativi.
Come in tutte le fratture, la diagnosi è essenzialmente radiografica. Le dita vanno immobilizzate non solo per trauma ma anche a seguito di stiramenti, suture tendinee o infezioni.
Il quadro clinico delle fratture della mano è caratterizzato dalla presenza di dolore e tumefazione locale, a cui si può associare una deformità più o meno evidente della parte interessata, oltre naturalmente all’impotenza funzionale cioè la difficoltà di utilizzare la parte colpita.
In caso di frattura “composta”, che si verifica quando le ossa delle dita rimangono allineate, le fratture delle falangi sono trattate in maniera incruenta, con l’applicazione di una semplice stecca metallica chiamata “stecca di Zimmer”. Se la frattura invece è “scomposta”, si potrà tentare di riportare in asse il dito con la trazione manuale (“riduzione” della frattura). Se questa soluzione non è possibile allora sarà necessario intervenire chirurgicamente.
La stecca di Zimmer è pensata appositamente per la protezione e l’immobilizzazione delle falangi. Le stecche sono composte da una striscia esterna di alluminio morbido e modellabile, ricoperta internamente con gommapiuma, che permette di adattarsi perfettamente alla forma delle dita e della mano (foto sotto). Questa stecca è semplice da applicare, economica e sicura, con un buon risultato funzionale.
Essendo un trattamento d’emergenza, l’immobilizzazione con stecca di Zimmer viene effettuata in Pronto Soccorso da parte di personale medico o infermieristico.
Procedimento
È necessario prima di tutto procedere alla rimozione di un eventuale anello dal dito interessato prima che inizi a gonfiarsi (se l’anello fosse incastrato abbiamo visto come procedere con la rimozione in questo articolo).
Nell’applicazione della stecca vale sempre la regola dell’immobilizzazione a monte e a valle della frattura pertanto la lunghezza della stecca dipenderà dal soggetto e dal segmento osseo interessato dalla lesione. Dopo aver protetto la mano con una maglia tubulare con funzione di “salvapelle”, per prima cosa si procede ad una preliminare modellazione della stecca alla sagoma della mano del paziente (foto sotto).
Il dito deve essere immobilizzato flesso e non dritto, permettendo in questo modo di distendere i muscoli interossei ma anche di mettere in tensione i legamenti (vedi foto sotto).[1]
Una volta “calzata” la stecca alla mano la si fissa con alcuni giri di benda adesiva (es. Tensoplast), facendo attenzione a non stringere troppo per non impedire la circolazione del sangue.[2] È importante che rimanga visibile la falange ungueale cosi da permettere di scorgere eventuali fenomeni ischemici (a tal fine chiedere al paziente di tenere a casa l’arto sollevato e valutare l’eventuale comparsa di cianosi cioè di colore bluastro della cute o delle unghie).
Si blocca infine la parte terminale dei bendaggio con cerotto. Si può anche avvolgere il tutto in una retina elastica per fornire maggior sostegno. Questo bendaggio consentirà una certa libertà di movimento in quanto coinvolge il solo dito fratturato. A questo punto bisognerà solo attendere il recupero dalla frattura evitando in tutti i modi di utilizzare la parte lesa. La guarigione della frattura avviene in circa 4-6 settimane anche se molto dipende dalla gravità del trauma e dalla complessità della frattura.
Siamo anche su Facebook (qui). Puoi condividere il presente articolo attraverso i pulsanti che trovi in basso.
BIBLIOGRAFIA
[1] Obert L, Pluvy I, Echallier C, et al. “Fratture delle falangi e dei metacarpi”. Encyclopédie Médico-Chirurgicale. Trattato di tecniche chirurgiche – Chirurgia ortopedica 01-04-450, 2019
[2] Prandi G. “Le fasciature”. I quaderni del Pronto Soccorso, McGraw-Hill, Milano 1997
Foto tratte da youtube: https://www.youtube.com/watch?v=80pqKyRenGU