(immagine tratta da Facebook)
Non garantire la sicurezza del paziente durante un intervento di soccorso in emergenza può esporre il personale a responsabilità colposa, in caso di danni al paziente
E’ virale in questi giorni in rete una foto (riportata in alto) dove alcuni soccorritori, chiamati a soccorrere un paziente in strada, lo sollevano per gli arti e per la cinta dei pantaloni, in barba a qualsiasi norma di sicurezza. Ci siamo domandati quali potrebbero essere le conseguenze di questo gesto dal punto di vista della responsabilità penale, in caso di danni al paziente.
Si configura responsabilità quando il danno alla persona è conseguenza della condotta colposa del soggetto. Ma cosa vuol dire “colposo”? Un evento si verifica per colpa e quindi si dice che è “colposo” in tutti i casi in cui il soggetto, pur potendo prevedere che la sua azione era tale da produrre conseguenze dannose o pericolose, agisce con scarsa attenzione o con leggerezza, senza cioè adottare quelle precauzioni che avrebbero impedito il verificarsi dell’evento.
Nel tempo gli esperti di sicurezza ci hanno insegnato che i protocolli, le procedure e in più in generale la standardizzazione dei processi limita il rischio di errore delle organizzazioni e dei professionisti. Questo non è solo un imperativo etico ma anche un obbligo normativo. La normativa prevede infatti che il personale operante sui mezzi di soccorso agisca sulla base di procedure e protocolli,[1, 2, 3, 4] per cui questi diventano strumento valutativo e parametro per determinare il corretto svolgimento di ogni intervento da loro compiuto in emergenza.
Perché si concretizzi una qualsiasi responsabilità (anche da parte di personale non sanitario, come per esempio i soccorritori volontari)[5] devono in generale sussistere tre condizioni: il comportamento errato dell’operatore, il danno al paziente e la prova che il danno sia effettivamente conseguenza di quel comportamento.
Sappiamo che tutti i traumi ossei o articolari degli arti richiedono immobilizzazione. Trovandosi un paziente in terra, non essendo possibile conoscere la dinamica dell’accaduto, bisogna sempre ipotizzare che vi sia stato un trauma. Da qui la necessità di immobilizzare il paziente prima di spostarlo (tra l’altro nella foto si vede del sangue in terra, ulteriore indizio di trauma). È da escludere che gli operatori intervenuti nel soccorso non fossero a conoscenza di queste semplici regole, essendo obbligati, come noto, a frequentare appositi corsi di formazione prima di poter essere messi in condizione di esercitare sui mezzi di soccorso in emergenza.
Quale responsabilità si configura, quindi, nel caso di specie? Nel caso specifico il comportamento errato consiste nella mancata applicazione delle procedure, quindi nell’omissione di tutte quelle azioni che l’operatore avrebbe dovuto compiere e invece ha evitato (nel caso specifico, utilizzare la barella a “cucchiaio”, applicare la tavola spinale e il collare cervicale, le cinghie di ritenzione, ecc.). In termini più propriamente giuridici viene detta colpa specifica ed è quella che deriva dall’inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline ovvero di norme che impongono determinate cautele.[6]
I danni dovuti alla mancata immobilizzazione, in casi come quello descritto, possono andare dal semplice stiramento muscolare fino alla lussazione, dalla perforazione di organi vitali o vasi da parte di monconi ossei liberi fino a lesioni midollari conseguenti a fratture della colonna non stabilizzate.
Secondo la Cassazione “il personale addetto all’ambulanza esercita un servizio non solo di trasporto ma di assistenza sanitaria, servizi che sono funzionalmente inscindibili, e ha l’obbligo di provvedere a che il trasporto si compia preservando le condizioni di salute del trasportato”.[7] Qualora il giudice chiamato ad esprimersi sul caso accertasse, oltre ogni ragionevole dubbio,[8] che esiste una relazione tra il comportamento erroneo tenuto dagli operatori e il danno subito dal paziente questi potrebbero andare incontro a reati importanti come le lesioni personali colpose[9] e l’omicidio colposo.[10] Le lesioni personali prevedono la pena della reclusione da un minimo 3 mesi fino ad un massimo di 2 anni, a seconda dell’entità delle lesioni (o la multa, in via alternativa, di misura variabile a seconda della gravità delle lesioni cagionate). L’omicidio colposo prevede invece la reclusione da un minimo di 6 mesi fino ad un massimo di 5 anni.
Conclusioni
Di fronte ad un paziente che abbia subito un trauma, la prima regola del soccorso è: “non nuocere”. Non adottare gli opportuni accorgimenti necessari a salvaguardare la salute del paziente, nel caso specifico non applicare i presidi di immobilizzazione, può esporre il personale a responsabilità colposa. Pertanto tutti i soggetti con sospetto di trauma dovrebbero essere trattati in modo adeguato, prima del trasporto in ospedale. Si tenga presente, inoltre, che in Pronto Soccorso i medici annotano scrupolosamente sulla cartella clinica, anche a propria tutela, le condizioni del paziente al suo arrivo, compresa la presenza o meno dei presidi di immobilizzazione.
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BIBLIOGRAFIA
[1] DPR 27 marzo 1992. Atto di indirizzo e coordinamento alle Regioni per la determinazione dei livelli di assistenza sanitaria di emergenza. Gazzetta Ufficiale 31 marzo 1992, n. 76
[2] Atto d’intesa tra Stato e Regioni di approvazione delle linee guida sul sistema di emergenza sanitaria in applicazione del decreto del Presidente della Repubblica 27 marzo 1992 pubblicato su Gazzetta Ufficiale N. 114 Serie Generale del 17 maggio 1996
[3] Legge n. 24/2017. “Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie”
[4] Ministero della Salute. Raccomandazione n. 11 “Morte o grave danno conseguenti ad un malfunzionamento del sistema di trasporto intraospedaliero, extraospedaliero”. Roma, 2010
[5] Avv. S. Gandolfi “Gli aspetti legali del soccorso”. Appunti per i volontari P. A. Croce Verde Cremona
[6] Art. 43 c.p.
[7] Corte di Cassazione. Sentenza n. 23851 del 18.09.2008
[8] Corte di Cassazione. Sentenza Franzese, Sez. Un. Pen. n. 30328/2002
[9] Art. 590 c.p.
[10] Art. 589 c.p.