Pubblicato il

L’importanza della comunicazione del rischio in sanità

Una comunicazione efficace dei rischi all’interno dell’organizzazione aiuta a prevenire gli eventi avversi. Vediamo perchè

 

L’incidente di Chernobyl, avvenuto nel 1986 in Unione sovietica, è stato l’incidente nucleare più grave capitato nella storia eppure i sovietici hanno cercato di nascondere l’accaduto in ogni modo fino a quando la nube radioattiva non si sparse sull’Europa. In Italia, a Seveso, nel 1976 una nube altamente tossica si levò nell’aria a causa di un guasto in una fabbrica chimica, anche in quella circostanza gli abitanti furono tenuti all’oscuro per oltre una settimana.

Tutti questi episodi stanno a dimostrare come non solo sia inutile nascondere un problema ma anche pericoloso, per le conseguenze che si possono verificare. E come, una volta comunicato, sia necessario intervenire per impedire che il problema si presenti di nuovo o si aggravi. La comunicazione del rischio ha come obiettivo quello di salvare vite umane e tra i suoi principi c’è una regola fondamentale: mai negare il rischio, mai cercare di sminuirlo. Negando o diminuendo un rischio le persone non sono consapevoli che stanno correndo un pericolo e quindi non faranno nulla per proteggersi, pregiudicando la loro sicurezza e quella degli altri. Questa è la lezione che ci viene da tragedie come Chernobyl e Seveso.  

Situazioni simili possono verificarsi anche in sanità. Per evitarlo esistono all’interno delle organizzazioni sanitarie dei sistemi cosiddetti di “Incident reporting” che permettono agli operatori sanitari di segnalare gli errori o eventi avversi senza timore di ripercussioni o provvedimenti disciplinari[1] [2] [3] (ne abbiamo parlato a questa pagina).

Purtroppo i dati stanno a dimostrare che tali sistemi non sempre vengono utilizzati e che le segnalazioni di cui disponiamo sono solo la punta dell’iceberg. Solo per fare un esempio, in Toscana vengono segnalati ogni anno 70-80 eventi gravi ma, da un confronto con le realtà inglesi e australiane, questi dovrebbero essere molti di più.[4] Costituiscono barriere ad una comunicazione trasparente degli errori condizioni come la paura di imbarazzo; la convinzione che “nulla sarebbe cambiato”; la mancanza di familiarità con le procedure di segnalazione; timore di azioni disciplinari; spirito di competizione tra clinici.[5] [6] Tutte convinzioni che trovano terreno fertile nella mancanza di conoscenze in materia di rischio sanitario e responsabilità professionale, da qui la convinzione che il personale dovrebbe essere maggiormente formato in tali ambiti. 

 

Comunicare i rischi aiuta a migliorare il sistema  

Dove si ha insuccesso si cerca sempre un colpevole. Spesso gli eventi avversi hanno una risonanza mediatica. Affermare che il problema è responsabilità di una singola persona e non è un problema strutturale o organizzativo soddisfa l’opinione pubblica ed è quindi una strategia funzionale per il sistema.

Ma se vogliamo diminuire le morti potenzialmente evitabili, c’è bisogno di un cambiamento culturale all’interno dell’organizzazione, un cambiamento che deve passare dalla “cultura della colpa”, ancora purtroppo imperante, alla “cultura della sicurezza”. La cultura della colpa, focalizzando l’attenzione solo sul singolo, ostacola la possibilità di miglioramento del sistema. Se i sanitari sapessero che gli errori sono causati, nella maggior parte dei casi, da guasti del sistema e non da fallimenti personali, il peso della vergogna e del senso di colpa verrebbero meno, consentendo loro di essere maggiormente propensi alla segnalazione degli errori e degli eventi avversi. Un evento grave infatti non è legato solo ad un’unica causa ma a una catena di eventi e fattori contributivi che conducono all’incidente.[7] Quando si verifica un evento, non si tratta di trovare un colpevole, perché l’errore umano è solo l’ultimo anello della catena, ma di capire perché le difese nei vari livelli hanno fallito.

La cultura della colpa alimenta la paura, la quale a sua volta porta a nascondere i fatti. Ciò è osservabile anche a livello di leadership, dove alcuni dirigenti arrivano addirittura a nascondere gli eventi avversi per paura di ripercussioni alla propria carriera. Ma in questo modo l’organizzazione non sarà in grado di apprendere dai propri errori,[8] fattore fondamentale per il miglioramento del sistema. Un esempio virtuoso, in questo senso, è costituito dall’Aereonautica Militare Italiana che, da oltre trent’anni, ha sviluppato al proprio interno una diversa cultura della colpa, non punendo i piloti per gli errori commessi se segnalati. Questo ha favorito un diverso clima organizzativo, un reporting degli errori e conseguente apprendimento organizzativo, con riduzione di incidenti e del numero di morti.[9]

L’organizzazione ideale è, quindi, quella in grado di addestrare i propri membri a prevenire gli eventi, che utilizza un sistema di segnalazione delle potenziali minacce alla sicurezza, che non colpevolizza il singolo, che è in grado di apprendere dai propri errori.

 

 

In un altro articolo abbiamo visto l’importanza della formazione sul rischio sanitario per prevenire gli eventi avversi (qui).

Siamo anche su Facebook (qui). Puoi condividere il presente articolo attraverso i pulsanti che trovi in basso.

 

BIBLIOGRAFIA

[1] Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali. “Protocollo per il monitoraggio degli eventi sentinella”. 2009, pag. 4 (link)

[2] Raccomandazione del Consiglio d’Europa, del 9 giugno 2009, sulla sicurezza dei pazienti (2009/C 151/01)

[3] Legge n. 24/2017. “Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie”. Art. 16

[4]  I Quaderni della Fondazione Italia in Salute. “Sicurezza delle cure e responsabilità degli operatori: la legge 24/2017 nei primi due anni di applicazione“. Atti del convegno svoltosi il 12 aprile 2019, in Roma. Pag. 99

[5] Cantor M.D., Baraci P, Derse A, Maklan C.W, Schafer Wlody G, Fox E “Disclosing Adverse Events to Patients” Jt Comm J Qual Saf., 2005, 31,1, 5-12

[6] Jennings PA, Stella J. “Barriers to incident notification in a regional prehospital setting”. Emerg Med, 2011

[7] Reason J. “Human error: models and management”. Bmj, 2000

[8] WHO. “Guidelines for adverse event reporting and learning systems”. 2005

[9] Catino M. “Oltre l’errore umano. per una teoria organizzativa degli incidenti nelle organizzazioni”. Giornale italiano di nefrologia – Anno 26 n. 1, 2009

 

Creative Commons License