Aumentano le denunce agli operatori sanitari da parte di pazienti e familiari per presunte responsabilità collegate alla pandemia da Covid. Come difendersi?
Sono molte le indagini avviate in materia di responsabilità professionale degli operatori sanitari per eventi avversi legati alla pandemia da Covid-19. Mentre nella prima fase della pandemia i sanitari venivano celebrati come “eroi” o “salvatori”, ora sono pretestuosamente posti sul banco degli imputati, come a cercare un capro espiatorio per i molti decessi dovuti al Coronavirus.
Si è già dimenticato purtroppo, lo sforzo immane compiuto dai sanitari nella prima fase dell’urgenza, per far fronte all’elevatissimo numero di infezioni e di malati che necessitavano di cure e di ricovero ospedaliero pur in mancanza di risorse disponibili sia in termini strutturali (es. numero di posti letto, disponibilità di farmaci, tecnologie adeguate, dispositivi di protezione individuale, ecc.) che organizzativi (es. personale medico-infermieristico insufficiente, turni di lavoro massacranti, stress psico-fisico, professionisti costretti ad adeguarsi a contesti impropri, ecc.).
Riguardo alle possibili ipotesi di danno al paziente ascrivibili a carenze organizzative della struttura sanitaria ci si domanda: ma se l’obbligo per la struttura sanitaria è quello di assistere e curare i malati non viene meno la sua responsabilità se si trova, per causa di forza maggiore, vista la mole improvvisa di malati Covid da curare, nell’impossibilità di assistere tutti i pazienti nel modo migliore? E questo non già perchè i posti letto e il personale sono insufficienti di per se, ma perchè divengono tali di fronte ad un improvvisa ed spropositata richiesta? Ricordiamo che la situazione di inedita potenzialità del virus ha fatto si che ad un dato momento gli stessi medici si sono trovati nella drammatica situazione di dover scegliere tra chi curare e chi no, data la scarsità di mezzi disponibili, ricordiamo, un esempio per tutti, la mancanza di ventilatori polmonari e caschi CPAP.[1]
La legge 24/2017, cosiddetta “legge Gelli”, sulla responsabilità professionale ha previsto alcune ipotesi di non punibilità per gli operatori sanitari.[2] La non punibilità è tra l’altro ancorata al rispetto di linee guida accreditate, cioè che abbiano rispettato il meccanismo di certificazione stabilito dalla stessa legge Gelli, oppure, in loro assenza, alle buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che dette raccomandazioni sia adeguate alla specificità del caso concreto.[3] Sembra evidente però l’inadeguatezza della norma rispetto alla situazione emergenziale determinata dalla pandemia. Il motivo è la mancanza di linee guida accreditate cui fare riferimento per giudicare il comportamento degli operatori sanitari rispetto al rischio Covid, data la mancanza di evidenze scientifiche circa diagnosi, terapia, complicanze, ecc.
A tal fine una soluzione possibile potrebbe consistere in un intervento legislativo, volto ad offrire ai giudici gli strumenti necessari per escludere il rilievo penale di determinate condotte, immaginando una norma che dovrebbe tenere conto dei seguenti fattori:
1) limitare la responsabilità penale degli operatori sanitari alla sola ipotesi di colpa grave;
2) introdurre una definizione di colpa grave che tenga conto di fattori contestuali ed emergenziali come, ad esempio:
- il numero dei pazienti coinvolti contemporaneamente in un reparto
- gli standard organizzativi della singola struttura in rapporto alla gestione dello specifico rischio emergenziale da Covid
- l’eventuale mancanza di specializzazioni adeguate al reparto in cui i sanitari si sono trovati ad operare
- mancanza di tempo per assumere delle decisioni ponderate
- l’oscurità del quadro patologico con la necessità di somministrare farmaci solitamente utilizzati per altre cure o ancora in fase di sperimentazione;
3) considerare l’incertezza scientifica al cospetto di linee guida non ancora accreditate o consolidate.
L’esonero di responsabilità dovrebbe riguardare anche altre fattispecie di reato come l’epidemia colposa, per fattori non ascrivibili alla personale responsabilità degli operatori sanitari (pensiamo alla mancanza di dispositivi di protezione individuale o al non adeguato isolamento dei pazienti derivante da una massiccia affluenza di pazienti nei Pronto Soccorso e nei reparti).
È auspicabile un intervento rapido perchè si corre il rischio, allontanandoci dal momento emergenziale, di dimenticare il contesto di grave difficoltà in cui tali eventi si sono verificati e di ragionare col senno di poi.
Conclusioni
Eventuali insufficienze nell’assistenza ai pazienti non possono essere imputate a operatori o strutture ma alla situazione eccezionale verificatasi o al limite alla mancata preparazione del servizio sanitario nel suo complesso (pensiamo al mancato aggiornamento del piano pandemico nazionale, fermo al 2006).[4]
Questo perchè se le condizioni all’interno delle quali il professionista opera sono sfavorevoli questo è già di per se un fattore di rischio, chiunque si trovi ad operare. E’ evidente che più cresce la responsabilità del sistema di produrre errori, più diminuisce la colpa individuale, su questo presupposto sarebbe opportuno un intervento legislativo che tenga conto della situazione emergenziale causata dalla pandemia da Coronavirus.
Allo stesso tempo ciò non deve costituire un passaporto di impunità per ogni evento avverso legato alla pandemia. L’esenzione della responsabilità non dovrebbe riguardare indistintamente tutti i fatti accaduti durante la fase emergenziale della pandemia (pensiamo ai casi di negligenza e imprudenza), ma è una condizione che dovrebbe essere valutata caso per caso, tenendo conto dei fattori di rischio legati all’urgenza.
In un altro articolo abbiamo parlato delle responsabilità del datore di lavoro per infezioni da Covid-19 nel personale sanitario (link).
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BIBLIOGRAFIA
[1] SIAARTI. “Raccomandazioni di etica clinica per l’ammissione a trattamenti intensivi e per la loro sospensione, in condizioni eccezionali di squilibrio tra necessità e risorse disponibili”. Pubblicato il 06-03-2020 (link)
[2] L’esonero di responsabilità per colpa degli operatori sanitari è circoscritto alle ipotesi di omicidio colposo e lesioni personali colpose, limitatamente ai casi di imperizia non grave, e riferite unicamente alla fase esecutiva dell’attività sanitaria (Cass. Sez. Unite, 22/02/2018, n. 8770/2018)
[3] Legge 24/2017. “Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie”. Art. 5
[4] De Lorenzo G. Ora lo ammette pure il ministero: ”Piano pandemico fermo al 2006″. Articolo pubblicato sul sito web de “Il Giornale” il 22-12-2020 (link)