In alcuni casi le carenze organizzative della struttura sanitaria possono escludere la responsabilità del sanitario. Vediamo quali
In materia di sicurezza del paziente e degli operatori assume sempre maggiore importanza il rispetto dei requisiti tecnologici, organizzativi e strutturali da parte delle strutture sanitarie pubbliche e private.[1] Ciò trova riscontro anche nella letteratura internazionale, secondo la quale le cause degli errori e degli avvenimenti avversi in sanità sono spesso da ricercarsi nell’intera organizzazione del lavoro, che crea le condizioni favorevoli al verificarsi dell’errore, e non solo nel comportamento del singolo.[2]
Anche dal punto di vista giuridico se l’ospedale è carente per strutture e organizzazione l’operatore sanitario (medico, infermiere, ecc.) non risponde né civilmente né penalmente di un eventuale evento avverso che lo abbia visto coinvolto. Considerando che da un unico evento o fatto accaduto possono conseguire effetti giuridici diversi, valutiamo i diversi ambiti: penale, civile e amministrativo.
Dal punto di vista della responsabilità penale se all’operatore sanitario non è imputabile né un comportamento negligente, né imprudente, né imperito, perché il danno è dipeso da fattori imputabili a carenze organizzative della struttura sanitaria, non può egli essere ritenuto responsabile penalmente, in quanto non potrà essere attribuita al professionista la colpa. La Corte di Cassazione ha annullato la sentenza di condanna per omicidio colposo ad un’infermiera che, sulla base delle indicazioni ricevute da un medico specializzando, aveva materialmente provveduto a preparare e somministrare una dose, poi risultata eccessiva, di un farmaco chemioterapico ad una paziente provocandone il decesso. Ricorrendo in Cassazione l’infermiera sottolineava come la sua condotta si era inserita in un ambito operativo di grave disorganizzazione, doglianza che veniva accolta dalla Cassazione sulla base dell’indagine svolta, tanto che si dovrò procedere ad un nuovo giudizio di appello.[3]
Dal punto di vista della responsabilità civile (risarcimento dei danni al paziente) il nostro ordinamento riconosce maggior rilievo al risarcimento al paziente danneggiato, o ai suoi familiari in caso di decesso, in conseguenza di danni cagionati dall’inadeguatezza dell’organizzazione o delle dotazioni utilizzate dalla struttura sanitaria. Infatti in tali casi la responsabilità, come si legge in una sentenza, “prescinde dall’accertamento di una condotta negligente dei singoli operatori” ma fa capo alla struttura sanitaria stessa.[4] Le carenze organizzative potrebbero essere rappresentate, ad esempio, dalla cattiva manutenzione o malfunzionamento di macchinari e strumentazione diagnostica etc. o non adeguata sanificazione/sterilizzazione di ambienti e/o strumenti con il rischio di generare fenomeni infettivi, ecc.
Anche dal punto di vista della responsabilità amministrativa il giudice è obbligato a tener conto di eventuali situazioni di fatto di particolare difficoltà, anche di natura organizzativa, palesate dalla struttura sanitaria pubblica o privata in cui l’operatore ha esercitato la propria attività[5] Infatti, il danno ingiusto causato dal professionista sanitario al paziente assume rilevanza anche sul piano amministrativo, sotto forma di danno erariale. La Corte dei conti, che è l’organo giudicante in tali casi, ha il potere di ridurre l’entità del risarcimento che il sanitario è tenuto a versare alla struttura sanitaria per rifonderla del danno economico causato con il risarcimento al paziente (la cosiddetta “rivalsa”). E’ recente una sentenza che ha visto i sanitari chiamati in giudizio assolti in virtù delle inefficienze della struttura nella quale operavano, la quale ha escluso qualunque ipotesi di riconducibilità a loro carico del risarcimento del danno erariale per colpa grave.[6] È necessario considerare che l’azienda sanitaria non può esimersi dall’esercitare la rivalsa nei confronti del professionista sanitario per non rispondere a sua volta di danno erariale, per omessa denuncia alla Corte dei conti.[7]
In un altro articolo abbiamo visto i concetti base della responsabilità professionale sanitaria (qui).
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BIBLIOGRAFIA
[1] Legge 24/2017 “Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale sanitaria”. Art. 1
[2] Reason J. “Human error: models and management”. Bmj, 2000
[3] Ruggieri R. “Errata cura chemioterapica: può l’infermiere affidarsi alle indicazioni di un medico specializzando?” (link)
[4] Suprema Corte di Cassazione, terza sezione civile, sentenza n. 6689/2018
[5] Legge 24/2017. Art. 9, Comma 5
[6] Fraioli F. “L’inefficienza dell’Amministrazione non può pesare sui singoli sanitari“. Articolo pubblicato sul sito di informazione sanitaria QuotidianoSanità il 27-03-2023
[7] Fraioli F. “Danni erariali per errori sanitari. Asl responsabile in proprio se non denuncia per tempo i responsabili”. Articolo pubblicato sul sito di informazione sanitaria QuotidianoSanità il 03-04-2023