Quali sono i i fattori che hanno favorito la “seconda ondata” della pandemia in Italia? Vediamolo in quest’articolo
Terminata la prima fase della pandemia ci sarebbe stato tutto il tempo per prepararsi adeguatamente alla cosiddetta “seconda ondata”, che era di fatto annunciata. Ciò non è avvenuto e ci siamo trovati di nuovo impreparati, non senza conseguenze (al momento siamo il 4° paese al mondo per morti in proporzione alla popolazione). Tanti sono stati i fattori che ci hanno impedito di far fronte efficacemente alla nuova ondata di contagi, vediamo brevemente i principali.
Unità speciali di continuità assistenziale (USCA) – Le USCA dovevano servire a curare a domicilio i pazienti Covid (o sospetti tali) che non necessitavano di cure ospedaliere. La costituzione delle USCA, che avrebbero potuto alleviare la pressione sugli ospedali, ha avuto un andamento inferiore alle attese e con forti differenze territoriali, con una media nazionale comunque inferiore al 50%.[1, 2]
Infermiere di famiglia – I 9.600 infermieri di famiglia previsti nel cosiddetto “Decreto Rilancio” ad oggi non risultano ancora arruolati (poche regioni avrebbero iniziato ad assumerne tra cui Veneto, Emilia-Romagna e Toscana).[3]
Aumento posti di terapia intensiva – A maggio 2000 le autorità sanitarie avevano chiesto il potenziamento delle terapie intensive
ma non tutte le Regioni si sono attivate per la creazione dei posti letto necessari, soprattutto al sud.
Assunzione medici e infermieri – Anche se sono state in media consistenti le assunzioni di personale sanitario queste vedono una differenza marcata tra Regione e Regione.[4] In alcune Regioni il personale assunto in occasione della prima ondata non è stato poi confermato alla fine dell’emergenza. In altre Regioni i bandi sono stati emanati solo a inizio novembre, quando era ormai troppo tardi. Siamo al punto che in alcune Regioni, anche se venissero attivati tutti i posti letto di terapia intensiva necessari, mancherebbe il personale necessario a gestirli.
Medicina territoriale – La pandemia da Covid-19 ha fatto emergere il vero punto debole del sistema, la medicina territoriale. L’attuazione di una adeguata rete di assistenza territoriale non è più rinviabile, alla luce di quanto accaduto in questi mesi.
Telemedicina – L’alta contagiosità del Coronavirus ha evidenziato come ci sia bisogno di implementare sistemi, come la telemedicina, che permettono la sorveglianza a distanza dei pazienti, garantendo nel contempo la sicurezza per medici, infermieri e altri operatori sanitari. Le recenti normative spingono ad utilizzare questo metodo nell’erogazione delle prestazioni sanitarie ma si è ancora in fase progettuale.
Covid hotel – Sappiamo da tempo che la maggior parte dei contagi avviene in famiglia. Quindi, quando un soggetto in famiglia si ammala questi deve essere isolato affinchè non contagi gli altri soggetti. Per ovviare a questo problema da mesi il ministero aveva chiesto alle Regioni di attivare i cosiddetti “Covid hotel”, strutture apposite o alberghi veri e propri riadattati per l’occasione in cui ospitare i pazienti meno gravi che non necessitavano di cure ospedaliere. Ad oggi, a metà della seconda ondata, mancano ancora centinaia di Covid hotel.[5]
Vaccini antinfluenzali – Le vaccinazioni, in particolare le vaccinazioni anti-influenzale e anti-pneumococcica, sono state da subito riconosciute di primaria importanza sia per ridurre il numero di pazienti con sintomatologia sovrapponibile a quelle dall’infezione da Coronavirus, sia per ridurre il più possibile la circolazione di altri patogeni respiratori causa di gravi complicanze e comorbidità. A tal fine le linee guida ministeriali suggerivano alle Regioni di fare scorte sufficienti di vaccini antinfluenzali ma errori commessi all’atto dell’approvvigionamento ne hanno di fatto impedito la disponibilità e quindi la distribuzione ai medici e quindi alla popolazione.
Screening degli operatori sanitari – In alcune Regioni, ancora oggi, non viene eseguito uno screening periodico degli operatori sanitari impegnati contro il virus, neanche di quelli che operano nei reparti Covid. Questo costituisce un fattore di rischio per i pazienti che potrebbero, in assenza di un monitoraggio del personale, contrarre il virus dagli operatori sanitari. Si consideri che solo nel mese di novembre si sono infettati 27mila operatori sanitari.[6]
Test rapidi – L’esecuzione di test per accertare la presenza del virus, o la passata esposizione al virus, è un aspetto essenziale della lotta alla pandemia ma i test sierologici rapidi (es. test pungidito), spesso utilizzati in molte aziende e perfino scuole come test diagnostici per prevenire il contagio, non hanno validità per stabilire se un soggetto è infetto oppure no (ne abbiamo parlato in questo articolo).
Tracciamento dei contatti (contact tracing) – Il tracciamento dei contatti ha una sua efficacia se si circoscrive subito il contagio. A seguito della repentina impennata dei contagi non siamo stati più in grado di svolgere l’attività di tracciamento, questo perchè quando il numero dei contagiati eccede un certo numero diventa impossibile risalire a tutte le persone con le quali questi sono entrati in contatto.
App Immuni – Con la app Immuni i soggetti positivi avrebbero potuto informare della loro positività chi era entrato in contatto con loro ma problemi tecnici e difficoltà organizzative hanno impedito il corretto funzionamento della app.[7]
Aree pre-triage – Un’altra criticità è stata la mancanza di strutture di pre-triage per indirizzare i pazienti verso aree dedicate Covid o non Covid all’interno dell’ospedale. Data l’alta contagiosità del virus è necessario considerare tutti i pazienti come potenzialmente infetti, fino a prova contraria. Il Ministero della salute aveva raccomandato di creare aree pre-triage esterne al Pronto Soccorso che facessero da filtro, per esempio tende da campo o tensostrutture da ubicare nelle aree antistanti l’ospedale. Ad oggi sono pochi gli ospedali che hanno ottemperato a tale disposizione. Si è preferito separare i locali del pronto Soccorso tracciando delle linee in terra, con il risultato che molti pazienti non positivi si sono infettati stando accanto ai positivi (abbiamo approfondito l’argomento qui).
Percorsi differenziati – In molti ospedali non sono stati approntati percorsi interni differenziati Covid/non Covid, mentre sappiamo che il rischio di contagio è alto in caso di promiscuità, dato che il virus si propaga per via aerea.[8]
È stato detto che non si può ovviare in sei mesi a criticità che si trascinano da decenni. Ma assunzioni e formazione del personale si potevano fare, cosi come l’organizzazione delle USCA per l’erogazione delle visite domiciliari ai pazienti con sospetta infezione o l’aumento dei posti di terapia intensiva. Per non parlare delle difficoltà negli approvvigionamenti dei vaccini antinfluenzali.
Mentre si possono comprendere le inefficienze in termini di organizzazione durante la prima fase della pandemia, data l’inedita potenzialità del virus, difficilmente si possono giustificare ora, dato che la seconda ondata era stata ampiamente prevista. Speriamo che tali criticità siano risolte il prima possibile cosi da non favorire una eventuale terza ondata, come mette in guardia l’OMS.[9]
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BIBLIOGRAFIA
[1] “Covid. Corte dei conti fustiga le Regioni: “Usca attivate al 50%, infermieri di famiglia al palo e Piani sanità territoriale e liste di attesa sono in ritardo. Ma è boom assunzioni personale sanitario”. Articolo pubblicato sul sito di informazione sanitaria Quotidianosanità il 24-11-2020
[2] Rizzo L., Taddei M., Turati G. “Usca: così utili, così disattese”. Articolo pubblicato su “Lavoce.info” il 17-11-2020 (link)
[3] Giovanna Vicarelli e Guido Giarelli (a cura di), “Libro Bianco. Il Servizio Sanitario Nazionale e la pandemia da Covid-19. Problemi e proposte”. FrancoAngeli editore, Milano 2021. Pag. 73
[4] Ibidem
[5] Università cattolica del sacro cuore. Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari. Report “Analisi dei modelli organizzativi di risposta al Covid-19”. Pubblicato il 26-11-2020
[6] “Covid, Ricciardi: 27mila operatori sanitari infettati nell’ultimo mese” Sito web Sky tg24, 26-11-2020 (link)
[7] Trasmissione giornalistica “Report”, puntata del 09-11-2020
[8] Trasmissione giornalistica “Le iene”, puntate del 03, 5, 10 e 19 novembre 2020
[9] “Covid, Oms: “L’Europa si attrezzi o arriverà una terza ondata“. Sito web Sky tg24, 22-11-2020