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Formare oggi al rischio i professionisti per una sanità più sicura domani

 

Formare ed addestrare oggi i professionisti al rischio sanitario significa offrire in una prospettiva futura una migliore assistenza e cure più sicure

 

Si calcola che siano milioni, ogni anno, nel mondo, i decessi collegati al “rischio clinico” cioè alla possibilità che un paziente subisca un danno involontario imputabile alle cure sanitarie. La mancanza di una formazione adeguata degli operatori sanitari in materia di prevenzione dei rischi e sicurezza del paziente è considerata essere una delle principali cause di eventi avversi ed errori sanitari.[1]

Purtroppo l’educazione e la formazione dei professionisti sanitari è sempre stata sottovalutata come strumento per il miglioramento della sicurezza del paziente tanto che, ancora oggi, sono pochi gli studenti delle Scuole/Facoltà ad indirizzo sanitario che possiedono una base di partenza sul rischio clinico dai propri studi universitari. E se questi non possiedono sufficienti conoscenze in materia, inevitabilmente saranno portati a sottovalutare il fenomeno una volta attivi nel mondo del lavoro. 

Questo perchè tradizionalmente i corsi di laurea, post-laurea e formazione continua si soffermano più sugli aspetti inerenti la pratica clinica che gli aspetti umani e psicologici dell’assistenza, anche per la riluttanza da parte delle istituzioni accademiche a insegnare discipline non specificatamente mediche.

Si deve considerare che la sicurezza delle cure non è solo fondamentale per ridurre i danni ai pazienti, ma anche per garantire un ambiente di lavoro sicuro agli operatori sanitari. La sicurezza degli operatori sanitari e la sicurezza dei pazienti sono infatti interconnessi: rischi per la salute e la sicurezza agli operatori sanitari possono comportare rischi per i pazienti e viceversa.

L’università dovrebbe agire di più sugli studenti, futuri professionisti sanitari, con programmi capaci di promuovere l’apprendimento di competenze non solo “tecniche” ma anche manageriali e gestionali. Il sistema di formazione universitario delle Scuole di Medicina, Scienze Infermieristiche, Farmacia, ecc., dovrebbe dotarsi di percorsi didattici che prevedano l’insegnamento delle nozioni, almeno di base, di gestione del rischio sanitario. La formazione nelle facoltà di ambito sanitario dovrebbe fornire agli studenti conoscenze e abilità su come affrontare gli errori e come gestirli , anche da un punto di vista emotivo.

Le scuole di medicina, infermieristica, ecc. devono garantire che i futuri medici e infermieri non solo abbiano le conoscenze, le abilità, i comportamenti e gli atteggiamenti necessari per esercitare in modo competente, ma siano anche preparati a svolgere un ruolo attivo nell’identificazione e nella risoluzione dei problemi di sicurezza dei pazienti. Questo contribuirà alla costruzione di una base di conoscenze e competenze per preparare al meglio gli studenti e per sviluppare future fila di professionisti sanitari formati nell’ambito della sicurezza del paziente, in grado di erogare migliore assistenza e cure più sicure. Solo assicurando che i giovani professionisti della sanità siano dotati degli strumenti necessari per comprendere i sistemi complessi e in rapida evoluzione, in cui lavoreranno, saranno in grado di migliorarli.[2] 

E’ necessario investire sul potenziamento della gestione del rischio clinico, ancora oggi troppo sottovalutato, formando ad
hoc non solo i “risk manager”, ma la totalità dei lavoratori affinché tutti dispongano delle conoscenze necessarie per l’individuazione del rischio e degli strumenti necessari alla sua minimizzazione. Eppure, nonostante esista un’ampia letteratura che testimonia i benefici legati all’introduzione di discipline umanistiche e gestionali nel percorso formativo dei professionisti della salute, in Italia si registra un forte ritardo rispetto alla loro introduzione quale parte integrante dei core curricula degli insegnamenti dei corsi di laurea di ambito sanitario (medici, infermieri, ostetriche, ecc.), soprattutto in comparazione a quanto accade ormai da decenni in altri contesti internazionali quali ad esempio gli USA, il Canada, il Regno Unito e vari paesi dell’Europa continentale.[3]

Per sensibilizzare i governi a tale problematica l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha pubblicato un manuale,[4] opportunamente tradotto in Italia dall’Azienda ULSS 20 di Verona congiuntamente all’Università degli Studi di Verona, per insegnare nel modo più efficace la sicurezza del paziente agli studenti delle facoltà universitarie ad indirizzo sanitario. Esso evidenzia i principali rischi dell’assistenza sanitaria e le modalità più opportune per gestirli, mostra come riconoscere gli eventi  avversi e le condizioni pericolose, come segnalarli ed analizzarli. Insegna il lavoro in team e l’importanza di una chiara comunicazione a tutti i livelli dell’assistenza sanitaria, sottolineando, al contempo, l’importanza di coinvolgere pazienti ed operatori per costruire e sostenere una cultura della sicurezza. Clicca qui per scaricare gratuitamente il manuale.

 

 

In un altro articolo abbiamo parlato del rapporto tra rischio sanitario e impreparazione dei dirigenti (qui).

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BIBLIOGRAFIA

[1] Albolino et al., 2010

[2] Donaldson L., Ricciardi W., Sheridan S., Tartaglia R. “Manuale di sicurezza del paziente e gestione del rischio clinico”. Cultura e Salute editore, Perugia, 2022. Pag. 70

[3] Vicarelli G., Giarelli G. (a cura di), “Libro Bianco. Il Servizio Sanitario Nazionale e la pandemia da Covid-19. Problemi e proposte”. FrancoAngeli editore, Milano 2021. Pagg. 111-112

[4] WHO. “Patient safety curriculum guide: multi-professional edition”. 2011

 

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