Lo sviluppo e l’adozione di procedure può aiutare gli operatori sanitari a ridurre ii rischio di compiere errori durante l’attività lavorativa
Le organizzazioni di maggior successo nei settori ad alto rischio sono quelle che si concentrano sull’errore e sulla possibilità di prevenirlo in modo da evitarne il riaccadimento futuro.
Uno strumento di tutela in questo senso è rappresentato dalla predisposizione di documenti elaborati attraverso criteri di medicina basati sull’evidenza. L’obiettivo è ottenere il reale trasferimento nella pratica clinica delle raccomandazioni basate sulle evidenze scientifiche. Ciò si è dimostrato efficace nel prevenire errori causati da carenze di conoscenza, da incertezze nell’attribuzione di responsabilità e da difetti di comunicazione. Al contrario l’assenza di procedure specifiche può confondere gli operatori ed indurli a fraintendimenti, omissioni o errori, con tutte le conseguenze del caso sia dal punto di vista dei danni al paziente che della responsabilità professionale.[1]
Non secondario è l’aspetto del risarcimento al paziente in caso di danni, anche se involontariamente provocati (responsabilità civile). All’esito di un’eventuale chiamata in causa dell’operatore sanitario (medico, infermiere, ecc.) il giudice condannerà il sanitario qualora sia stabilita l’esistenza di un “nesso causale” cioè l’esistenza di un legame tra il suo comportamento e il danno subito dal paziente. Il nesso viene accertato soprattutto qualora il sanitario si sia discostato dalle buone pratiche clinico-assistenziali o dalle linee guida ma soprattutto qualora un comportamento, benchè conforme alle linee guida o buone pratiche non sia stato conformato a quel caso specifico.
Ma cosa si intende per procedura? La procedura è uno strumento che ha la finalità di uniformare attività e comportamenti degli operatori. E’ costituita da sequenze di azioni più o meno rigidamente definite che descrivono in dettaglio come deve essere eseguita una determinata attività. In pratica le procedure sono strumenti destinati a uniformare le azioni da compiere, al fine di garantire la qualità dei risultati delle azioni medesime e di chiarire all’operatore destinatario della procedura scritta cosa ci si aspetta da lui, e quindi come deve agire.[2]
L’adozione di strumenti che indirizzino l’agire umano possono determinare inizialmente paura e resistenze negli operatorie e ogni tentativo di innovazione può scontrarsi con tradizioni professionali consolidate. Spesso il cambiamento genera scetticismo, timori e lo sforzo ad uscire dalla propria “comfort zone”. Le neuroscienze hanno evidenziato come il cervello tenti sempre di risparmiare “energia” ricercando il più possibile situazioni agevoli e conosciute. È invece dimostrato che non seguire una procedura è fortemente legato all’errore.[3] Come emerge dalla letteratura è frequente l’accadimento di eventi avversi prevenibili dovuti alla mancata conoscenza o mancata applicazione di procedure aziendali da parte del professionista.[4]
Addestrare gli operatori a prevenire, a seguire procedure che riducano il rischio e quindi l’errore significa agire in anticipo, impedendo (almeno in molti casi) il verificarsi dell’errore e quindi del danno.
Molta importanza assume in merito la legge n. 24/2017 (più conosciuta come “legge Gelli”) che prevede l’esclusione della responsabilità penale in carico a tutti gli operatori sanitari nei casi di imperizia qualora siano state rispettate le raccomandazioni indicate dalle linee guida,[5] strumenti di cui procedure e protocolli costituiscono la declinazione, il trasferimento, a livello locale.
Alcune ricerche hanno valutato l’efficacia delle procedure ai fini della prevenzione degli errori e degli eventi avversi a essi correlati. Uno studio in Nuova Zelanda ha osservato le risposte di 20 anestesisti in un’operazione simulata e ha testato la loro risposta all’interruzione della fornitura di ossigeno per 15 minuti. Tutti gli anestesisti hanno mantenuto la ventilazione durante il periodo di mancanza di apporto di ossigeno e hanno acceso la bombola di riserva, ma il 70% non si era accorto che era vuota prima dell’intervento, nessuno ne aveva controllato il livello di carica, un semplice test che sarebbe stato incluso in ogni procedura relativa alla gestione di questo tipo di incidente. In uno studio simile durante otto arresti pediatrici simulati, è stato registrato il numero e il tipo di errori farmacologici. I risultati hanno mostrato la possibilità di gravi errori: nel 17% dei casi la dose esatta non è stata specificata; nel 59% non è stata specificata la via di somministrazione; nel 16% delle siringhe si è verificata una deviazione di almeno il 20% dalla dose prevista.
Queste situazioni illustrano l’importanza delle procedure e indicano che, se rispettate in ogni occasione, hanno il potenziale per ridurre i danni gravi al paziente oltre che le conseguenze legali che da essi possono derivare. A tal fin molto importante è la formazione del personale, ne abbiamo parlato in questo articolo.
In un altro articolo abbiamo parlato di rischio e responsabilità professionale in era Covid (link).
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BIBLIOGRAFIA
[1] Documenti quali linee guida, protocolli e procedure possono essere considerate aventi carattere di regolamento, ordine o disciplina, secondo l’art. 43 c. p.
[2] Casati, 1999
[3] Albolino et al., 2010
[4] Ministero della Salute. “Monitoraggio degli eventi sentinella. 5° Rapporto (settembre 2005-dicembre 2012)”. Roma. 2015
[5] Legge n. 24/2017. “Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie”. Art. 6