Popper si rivolse ai medici con un decalogo la cui tesi di fondo è che “la nostra conoscenza si accresce nella misura in cui impariamo dagli errori”
Karl Popper (Vienna 1902 – Londra 1994), filosofo austriaco, uno dei maggiori filosofi della scienza del Novecento, sosteneva che “tutta la conoscenza scientifica è ipotetica e congetturale; quello che possiamo chiamare il metodo della scienza consiste nell’imparare sistematicamente dai nostri errori, in primo luogo osando commetterli e, in secondo luogo, andando sistematicamente alla ricerca degli errori che abbiamo commesso”.[1] E ancora:”Possiamo imparare dai nostri errori a meno che non ci leghiamo ad una ideologia e quindi, ci persuadiamo che sappiamo e che, poiché sappiamo, non dobbiamo imparare più niente. Questo è naturalmente il più dannoso di tutti gli errori”.[2] Questi concetti di Popper sintetizzano e giustificano la promozione di un cambiamento della cultura dell’errore, da criticità da nascondere a elemento centrale per indirizzare formazione, miglioramento e qualità.
Popper nel 1983 si rivolse ai medici con un famoso decalogo[3] la cui tesi di fondo è che “la nostra conoscenza si accresce nella misura in cui impariamo dagli errori”.[4] Ecco il decalogo:
- La nostra presente conoscenza congetturale supera di gran lunga ciò che una persona può sapere, anche nella propria specifica specialità
- Siamo fallibili ed è impossibile per chiunque evitare tutti gli errori, anche quelli evitabili
- Ciononostante, è compito del nostro lavoro evitare gli errori, ma per farlo dobbiamo riconoscerne la difficoltà
- Gli errori possono essere nascosti nelle nostre teorie più sperimentate. È responsabilità del professionista cercare questi errori
- Per tutte queste ragioni, il nostro atteggiamento verso gli errori deve cambiare. È qui che deve cominciare la riforma etica. Poiché questa vecchia abitudine conduce a nascondere i propri errori e a dimenticarli il più presto possibile
- Il nostro nuovo principio deve essere imparare dai nostri errori, così che possiamo evitarli in futuro. Nascondere gli errori deve essere considerato un peccato mortale. Alcuni errori sono inevitabilmente smascherati, per esempio, operare un paziente sbagliato o asportare un arto sano. Benché il danno possa essere irreversibile, lo smascheramento di tali errori può insegnare ad adottare misure di prevenzione. Altri errori, alcuni dei quali magari altrettanto deplorevoli, non sono così facilmente smascherati. Ovviamente quelli che li hanno commessi possono non desiderare di portarli alla luce, ma altrettanto ovviamente potrebbero non nasconderli dal momento che, dopo analisi e discussione, cambiare procedure può prevenire la loro ripetizione
- È quindi compito nostro cercare i nostri errori e indagarli pienamente. Dobbiamo allenarci a essere autocritici
- Dobbiamo riconoscere che l’autocritica è meglio, ma che la critica da parte degli altri è necessaria e particolarmente preziosa se essi affrontano il problema da una diversa base culturale
- Se siamo noi che attiriamo l’altrui attenzione sugli errori altrui, dovremmo ricordarci di errori simili che abbiamo fatto
- La critica razionale dovrebbe mirare a definire errori chiaramente identificabili. Non dovrebbe contenere insinuazioni, semplici osservazioni, o solo valutazioni negative. Dovrebbe essere ispirata dallo scopo di giungere più vicini alla verità; e per questa ragione dovrebbe essere impersonale.
In un altro articolo abbiamo parlato della lezione di due grandi dell’ottocento: John Snow e Florence Nightingale (qui).
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BIBLIOGRAFIA
[1] Karl R. Popper. “Problemi, scopi e responsabilità della scienza”. 1963
[2] Karl Popper, 1972
[3] N McIntyre, K Popper. “The critical attitude in medicine: the need for a new ethics“. Br Med J (Clin Res Ed). 1983 Dec 24-31;287(6409):1919-23 (traduzione da Belleri G. Occhio Clinico 2003; 10)
[4] K.R. Popper. “Congetture e confutazioni”. Bologna, Il Mulino, 1972. Pag. 4