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Non seguire le linee guida, cosa comporta per gli operatori sanitari?

La legge 24/2017 sulla responsabilità professionale sanitaria impone che ci si debba attenere alle miglior linee guida per la cura dei pazienti. In quali conseguenze incorrono professionisti e strutture in caso di inadempienza?

 

Le linee guida rappresentano una vera e propria “guida” per i professionisti sanitari per orientare le scelte di cura e le modalità di assistenza, in modo che siano quelle più appropriate e sicure, nelle particolari situazioni cliniche che si trovano ad affrontare. I professionisti sanitari nell’esecuzione di ogni prestazione sono tenuti ad attenersi a quanto indicato e raccomandato nelle linee guida, salvo il caso in cui l’esperienza o la specificità del caso concreto non li indirizzino diversamente.[1] 

La condivisione di linee guida procedure/protocolli all’interno dell’organizzazione favorisce l’uniformità dei comportamenti di tutti gli operatori e quindi, di conseguenza, permette di evitare errori, fraintendimenti, omissioni, ecc. L’obiettivo è ottenere il reale trasferimento nella pratica clinica delle raccomandazioni basate sulle prove scientifiche. Non a caso tra i principali fattori predisponenti per l’accadimento degli eventi avversi in sanità troviamo la mancata applicazione delle linee guida.[2] Il Ministero della Salute ha pubblicato nel 2015 il suo ultimo rapporto relativo a tutti gli eventi avversi più gravi accaduti in sanità dal settembre 2005 al dicembre 2012. Il rapporto ha mostrato l’elevata frequenza, tra i fattori contribuenti per l’accadimento degli eventi, della mancanza, inadeguatezza ed inosservanza di Linee-guida, raccomandazioni, protocolli  assistenziali, procedure, suggerendo come sia fondamentale, ai fini preventivi, “la diffusione e l’applicazione nei vari contesti aziendali delle raccomandazioni disponibili e delle buone pratiche prodotte sia in ambito nazionale che internazionale“.

Da ciò consegue come tutte le strutture sanitarie siano tenute ad adottare le linee guida per lo svolgimento delle attività assistenziali, come peraltro richiesto dalla normativa.[3, 4] 

 

Responsabilità civile (risarcimento danni)

Nell’ambito delle richieste di risarcimento danni presentate nei confronti della struttura sanitaria, al paziente spetta di provare il danno e il nesso causale tra evento e danno, mentre all’esercente la professione sanitaria spetta la dimostrazione dell’assenza di colpa, avendo egli tenuto una condotta conforme alle linee guida (o alle buone pratiche) stabilite in relazione al caso concreto oppure di aver avuto la necessità di discostarsene completamente a causa della specificità del caso concreto.[5]

Invece, nei giudizi di risarcimento del danno promosso nei confronti del singolo professionista, il paziente è tenuto a provare la condotta che il professionista avrebbe dovuto correttamente tenere in base alle linee guida o alle buone pratiche clinico-assistenziali.[6] 

 

Quali conseguenze, invece, dal punto di vista penale?

La legge n. 24/2017 (meglio conosciuta come “legge Gelli”) ha sancito di fatto l’obbligatorietà per gli esercenti le professioni sanitarie di attenersi alle linee guida potendo le stesse costituire vere e proprie esimenti di colpa. L’art. 6 della legge Gelli ha introdotto il rispetto delle linee guida o delle buone pratiche assistenziali come criterio di esclusione dalla responsabilità penale per i reati di lesioni personali colpose e omicidio colposo. Questo significa che i medici, gli infermieri e gli altri operatori sanitari non saranno più perseguibili penalmente se il loro comportamento sarà stato conforme alle linee guida o, in loro mancanza, alle buone pratiche clinico-assistenziali.

Ciò comporta degli obblighi della struttura sanitaria nei confronti degli operatori sanitari. Se il rispetto delle linee guida scagiona da responsabilità l’operatore sanitario e se l’adozione di queste dipende dalla struttura sanitaria, come potrà l’operatore non pretenderne la loro adozione? Quando, per esempio, un operatore sanitario chiederà ad un altro operatore di compiere un atto su un paziente, non previsto o contrario alle linee guida, come dovrà comportarsi questo operatore per non andare incontro a responsabilità penale, considerando che egli è tenuto a rispettarle per legge?

Altrettanto problematica è la situazione in cui una struttura sanitaria si doti di procedure e/o protocolli che non tengano conto delle linee guida pubblicate dall’Istituto Superiore di Sanità.[7] Sappiamo infatti che solo il rispetto di tali linee guida esonera da colpa per imperizia gli operatori sanitari in caso di danno al paziente.

Naturalmente gli operatori sanitari sono tenuti ad osservare tali disposizioni, quando presenti: documenti quali linee guida, protocolli e procedure possono essere considerate aventi carattere di regolamento, ordine o disciplina, cosicchè il loro mancato rispetto può configurare il requisito dell’inosservanza contemplato dall’art. 43 del codice penale (e quindi una condotta colposa).[8] Da ciò discende come le procedure debbano essere sempre rispettate dagli operatori.

 

Conclusioni

Alla luce delle considerazioni sopra svolte le direzioni strategiche delle aziende sanitarie e i professionisti che in esse operano dovrebbero porsi con urgenza il problema dell’adesione alle linee guida o alle buone pratiche clinico-assistenziali, in mancanza di queste (in pratica, alle evidenze scientifiche),[9, 10] considerando le conseguenze civili e penali alle quali vanno incontro in caso di inadempienza.

 

In un altro articolo abbiamo visto le principali modifiche apportate dalla legge “Gelli” in materia di responsabilità professionale sanitaria (qui).

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BIBLIOGRAFIA

[1] Legge n. 24/2017. “Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie”. Art. 5

[2] Ministero della Salute. Monitoraggio degli eventi sentinella. 5° Rapporto (settembre 2005-dicembre 2012), 2015. Pag. 14

[3] Piano sanitario nazionale 1998-2000. Parte II. Garanzie del SSN

[4] Ministero della Salute. Decreto Ministeriale n. 70 del 2 aprile 2015 “Regolamento recante definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza ospedaliera”. Punto 5.3

[5] Dalfino D. “Il processo civile per responsabilità medica: condizioni di procedibilità e riparto dell’onere della prova“. Relazione tenuta a Matera il 22 giugno 2018 nell’ambito del corso “La responsabilità medica dopo la legge 8 marzo 2017 n. 24″ e pubblicata sul sito web “Questione giustizia” (link)

[6] Ibidem

[7] Legge n. 24/2017. Art. 5, comma 3

[8] Art. 43 c.p. (Elemento psicologico del reato)

[9] Ruggieri R. “Art. 590 sexies c.p., SC: “Opera solo per le buone pratiche, non anche per le linee guida”. Articolo pubblicato sul portale giuridico www.avvocatirandogurrieri.it il 24-10-2018 e disponibile al seguente link 

[10] Zeppilli V. “Responsabilità medica: best practices e linee guida sono equiparabili?“. Articolo pubblicato sul portale giuridico www.studiocataldi.it e disponibile al seguente link

 

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