Il lavoro notturno e il lavoro a turni possono avere effetti negativi significativi sulla salute degli operatori e sulla sicurezza dei pazienti, vediamo quali e cosa è possibile fare a fini preventivi
Nell’organismo umano importanti funzioni biologiche sono influenzate dall’alternanza luce/buio. La produzione di ormoni indispensabili al nostro benessere (es. melatonina) aumentano durante la notte e diminuiscono sotto l’esposizione della luce solare. Il lavoro a turni, in particolare il lavoro notturno, modifica l’esposizione dell’uomo al ciclo luce/buio e di conseguenza va ad incidere su questo delicato meccanismo. Questa alterazione è influenzata dal numero di turni notturni consecutivi e dal senso di rotazione, orario o antiorario, dei periodi di servizio.
Il disturbo delle funzioni psicobiologiche, legato alla modificazione del ciclo sonno/veglia, gioca un ruolo importante dal punto di vista della capacità lavorativa. I lavoratori a turni possono soffrire di una serie di sintomi comunemente noti come “sindrome da jet lag”, caratterizzata da affaticamento, sonnolenza, insonnia e rallentamento delle funzioni mentali e delle prestazioni. I sintomi dell’insonnia includono difficoltà ad addormentarsi, durata del sonno ridotta, risvegli frequenti e un’intensa preoccupazione per l’atto di dormire stesso.
Oltre i disturbi del sonno, i disturbi gastrointestinali sono le morbilità più frequenti riscontrate tra i turnisti. In particolare, il rischio di gastroduodenite, ulcera peptica e sindrome dell’intestino irritabile è da due a cinque volte maggiore per i lavoratori a turni e notturni.
Molti studi epidemiologici hanno dimostrato una significativa associazione tra lavoro a turni e sindrome metabolica, resistenza all’insulina e diabete di tipo 2. Inoltre, secondo diversi autori, i turnisti hanno un rischio maggiore del 40% rispetto ai lavoratori giornalieri di soffrire di cardiopatia ischemica. Il lavoro notturno influisce negativamente sulla fertilità femminile e sulla salute riproduttiva ed è associato a un aumentato rischio di esiti avversi nella gravidanza come aborto spontaneo e sviluppo fetale compromesso, inclusi parto pretermine e basso peso alla nascita. Nel 2007 il lavoro a turni notturno è stato classificato come “probabilmente cancerogeno per l’uomo” dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) sulla base di prove sufficienti in modelli animali e prove limitate negli esseri umani, in particolare per il cancro al seno.
Rischi per la sicurezza del paziente
È noto che la sonnolenza, la privazione del sonno, la stanchezza cronica e le fluttuazioni della vigilanza sono fattori chiave nella creazione di condizioni che portano a errori umani e incidenti attraverso le interazioni con altri fattori organizzativi, come le condizioni ambientali, il carico di lavoro e la mancanza di tempo.
In particolare, nel turno di notte meno operatori devono prendersi cura dei pazienti, con conseguente aumento del carico di lavoro, se a questo si aggiunge la minor concentrazione legata alla perdita di sonno ecco che il rischio di commettere errori aumenta.
Studi nel settore industriale hanno dimostrato che il rischio cresce con il numero di turni consecutivi e con l’allungamento dei turni di lavoro, rilevando un aumento esponenziale del verificarsi di infortuni dopo l’ottava ora di lavoro e stimando un raddoppio del rischio per i turni di 12 ore rispetto ai turni di 8 ore, per i quali non vi è corrispondente riduzione del carico di lavoro o introduzione di pause adeguate. Risultati simili sono emersi anche per i lavoratori della sanità. Un miglioramento significativo di questi risultati può derivare dalla limitazione della durata dei turni di lavoro.
Secondo uno studio su 2737 medici negli Stati Uniti, l’incidenza di almeno un errore grave è stata del 3,8%, 9,8% e 16%, rispettivamente nel caso di 0 turni, 1-4 turni e più di 4 turni di durata prolungata, con un aumento del 300% degli eventi avversi prevenibili dovuti a stanchezza e/o privazione del sonno con conseguente morte del paziente. Anche nel caso degli infermieri è stato documentato un aumento del verificarsi di errori dipendenti dalla durata di un turno oltre le 8 ore, straordinari e turni di lavoro notturno.
Azioni preventive
Ai lavoratori a turni deve essere garantita un’adeguata organizzazione dell’orario di lavoro nonché adeguate misure compensative per mitigarne gli effetti negativi. I criteri di cui tenere conto possono essere riassunti come segue:
- La quantità di lavoro notturno e il numero di turni notturni consecutivi dovrebbero essere ridotti il più possibile (2-3 al massimo) per limitare l’interferenza con i ritmi biologici e il sonno;
- La rotazione in senso orario (mattina-pomeriggio-notte) dovrebbe essere preferita alla rotazione in senso antiorario (pomeriggio-mattina-sera) poiché si adatta meglio ai ritmi biologici e consente periodi di riposo più lunghi per un recupero immediato dalla stanchezza e dal deficit di sonno;
- È opportuno evitare di impostare l’inizio dei turni mattutini troppo presto per ridurre il troncamento del sonno e la conseguente sonnolenza e rischio di errori durante il lavoro;
- Turni di lavoro prolungati (9-12 h) dovrebbero essere considerati solo quando il carico di lavoro è adeguato, si possono fare le necessarie pause e il sistema di turni è progettato per ridurre al minimo l’accumulo di fatica;
- I cicli di turni dovrebbero essere i più regolari possibile e dovrebbero garantire quanti più fine settimana liberi possibile, al fine di consentire ai lavoratori di pianificare meglio e godersi il loro tempo libero e dedicarsi alla vita di relazione.
Non esiste un sistema di turni “migliore”, che possa essere raccomandato in tutti i contesti. I lavoratori dovrebbero poter partecipare all’analisi, alla progettazione e all’implementazione del sistema di turni che più gli si addice. Questo è importante per motivare i lavoratori e migliorare la loro tolleranza psicofisica: infatti, gli orari dei turni spesso falliscono perché non rispecchiano le condizioni e le esigenze dei lavoratori. È anche vero che gli stessi lavoratori, a volte, preferiscono schemi di turni meno favorevoli (ad esempio, turni di 12 ore o rotazione in senso antiorario) per avere periodi di riposo più lunghi.
La durata dei turni di lavoro dovrebbe essere adattata in base al carico di lavoro e al tipo di mansione svolta, nonché al numero di lavoratori disponibili. I lavori che richiedono alti livelli di vigilanza e attività fisica (ad esempio, unità di terapia intensiva e di emergenza) dovrebbero avere turni più brevi mentre si possono considerare turni più lunghi per i lavori con un carico di lavoro più leggero (ad esempio, assistenza di base o attività di supporto) o lavori durante il quale i lavoratori possono fare delle pause.
In un altro articolo abbiamo parlato della connessione tra stress e rischio coronarico negli operatori sanitari dei servizi d’emergenza (link).
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BIBLIOGRAFIA
Liam Donaldson, Walter Ricciardi, Susan Sheridan, Riccardo Tartaglia. “Editors Textbook of Patient Safety and Clinical Risk Management”. Ed. Springher, 2020
Articolo tratto dal libro, con modifiche. Il libro è disponibile gratuitamente in formato elettronico al seguente link, sotto licenza Creative Commons Attribution 4.0