Nell’eventualità di un danno al paziente, qualora si dimostri la responsabilità del sanitario o dell’ospedale, questi ha diritto a richiedere il risarcimento dei danni. Ma come fare? Ecco una breve guida
Dal punto di vista della responsabilità civile, nell’eventualità di un errore sanitario, la struttura è tenuta a garantire il diritto dei pazienti danneggiati e dei loro familiari ad un equo risarcimento del danno. In tali casi l’ospedale risponde non solo dell’operato dei propri dipendenti,[1] ma anche del proprio operato qualora i danni al paziente siano dipesi dall’inadeguatezza della struttura.[2]
La responsabilità della struttura sanitaria nei confronti del paziente è di natura “contrattuale”.[3, 4] Ma cosa significa? Anche se non è stato firmato alcun contratto scritto, secondo la giurisprudenza, nel momento in cui il paziente si rivolge alla struttura sanitaria si verifica il cosiddetto “contatto sociale” che determina di per sé l’instaurazione di un rapporto giuridico di fatto, equivalente ad un contratto scritto. La responsabilità contrattuale è sancita dall’art. 1321 c.c. il quale recita: “il contratto è l’accordo di due o più parti per costituire, regolare o estinguere fra loro un rapporto giuridico patrimoniale”.
Nella responsabilità contrattuale la struttura sanitaria risponde di eventuali danni causati per colpa dai propri dipendenti nello svolgimento della propria attività ed è quindi tenuta a risarcire il danno al paziente.
Nella responsabilità contrattuale l’operatore sanitario (medico, infermiere, ostetrica, ecc.) ha l’onere di provare che non è riuscito a curare il paziente come si aspettava per una impossibilità non imputabile a lui e che l’inadempimento è stato causato da una evenienza imprevedibile, oltre che inevitabile, con la comune diligenza.[5, 6] Più compiutamente il sanitario per difendersi deve dimostrare di aver avuto:
- Diligenza nell’adempimento dell’obbligazione (art. 1176 c.c.)
- Impossibilità dovuta a causa a lui non imputabile (art. 1218 c.c.)
- Grado di difficoltà elevato (art. 2236 c.c.)
Il paziente, invece, dal canto suo, deve dare prova del danno e del nesso causale (cioè del rapporto di causa-effetto) tra la condotta del sanitario (o la carenza della struttura sanitaria) e la lesione subita. La mancanza del nesso di causalità, o la mancata prova dello stesso, ha l’immediata conseguenza di liberare il sanitario da qualsiasi tipo di responsabilità ascrittagli.[7]
Quale differenza tra errore medico e complicanza?
Il paziente, per prima cosa, deve assicurarsi di aver effettivamente subito un danno. Infatti è necessario distinguere tra danni che sono considerati conseguenza “normale” ed inevitabile di un intervento, e che quindi non sono dovuti alla colpa dei sanitari che l’hanno commesso e danni che, invece, sono dovuti ad un intervento male eseguito e quindi ad un errore sanitario vero e proprio. A tal fine è importante chiarire il concetto di “complicanza”. Se vuoi saperne di più puoi leggere questo articolo.
L’errore diagnostico
L’errore diagnostico, secondo consolidata giurisprudenza, si configura non solo se, in presenza di uno o più sintomi di una malattia, il medico non riesce ad inquadrare il caso clinico in una patologia nota alla scienza o lo inquadri in maniera errata, ma anche quando ometta di eseguire o disporre controlli ed accertamenti doverosi, ai fini di una corretta formulazione della diagnosi.[8] Dall’errore diagnostico può derivare il diritto al risarcimento dei danni al paziente.
Perizia medico legale
Il paziente che sospetta che il peggioramento delle proprie condizioni di salute siano imputabili ad errore sanitario deve prima di tutto sottoporre la questione ad un medico legale, facendosi assistere per queste operazioni da un avvocato. Il medico legale è un medico specializzato in grado di valutare le cause e l’effetto dei fatti avvenuti, stabilendo l’esistenza e l’entità dei danni e, quindi, del risarcimento. Consultare un medico legale serve quindi per capire se i danni subiti sono o meno colpa dei sanitari, accertando la presenza di un nesso causale (come detto, di un rapporto causa-effetto) tra la condotta dei sanitari e l’evento contestato.
Il medico legale quindi è importante perché determina il nesso tra evento e malattia, fondamentale in tutti quei casi in cui è necessario pervenire a una attribuzione di responsabilità civile e penale e alla conseguente riparazione del danno.
Una corretta analisi dell’evento da parte del medico legale deve prevedere lo studio della documentazione sanitaria relativa all’evento (cartella clinica, ecc.), la verifica del rispetto della normativa sanitaria vigente al momento dei fatti, la verifica del corretto svolgimento dei processi assistenziali identificando eventuali scostamenti rispetto agli standard di riferimento (linee guida, protocolli, ecc.). A tal fine è opportuno che il medico legale sia affiancato, non potendo avere conoscenza effettiva di ogni branca della medicina, da un professionista esperto della materia oggetto del contendere come per esempio un cardiologo, un chirurgo, un’ostetrica, un infermiere, ecc. che conosce il lavoro, i protocolli in uso e le linee guida a cui i professionisti fanno riferimento in quel settore.
Il medico legale redige infine una relazione (perizia medico legale) nella quale descrive in maniera precisa e puntuale gli accadimenti da un punto di vista medico-scientifico, indicando l’eventuale responsabilità dei sanitari e, in caso affermativo, la quantificazione del danno dal punto di vista biologico, permanente e temporaneo, basandosi su specifiche tabelle in uso presso i tribunali.
Avvio della richiesta di risarcimento
Una volta accertato il danno da parte del medico legale la parola passa all’avvocato per l’avvio della richiesta di risarcimento vera e propria da inoltrare alla struttura ospedaliera dove è stato praticato il trattamento o la terapia in questione. Proprio per tutelare sia i pazienti che gli operatori sanitari la legge 24/2017 (meglio nota come “legge Gelli”) ha introdotto l’obbligo, per tutte le strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche e private, di assicurarsi per responsabilità civile contro terzi anche per danni causati dal proprio personale oltre che l’obbligo per ogni singolo operatore di stipulare una propria polizza assicurativa per i casi di colpa grave.[9] L’avvocato, una volta inviata la richiesta di risarcimento, analogamente a come accade per la RC auto, ha la possibilità di contattare direttamente l’impresa di assicurazione della struttura sanitaria o del professionista sanitario, al fine di raggiungere un accordo sulla risarcibilità del danno e sul suo ammontare.[10] L’azione diretta, però, riguarda l’assicuratore della struttura e del medico che intrattiene rapporti contrattali diretti e personali con i suoi pazienti; non invece verso l’assicuratore del professionista cosiddetto
“strutturato” (così definito perché presta la propria attività per la struttura). Se la visita di riscontro che il medico legale della compagnia assicuratrice condurrà sul paziente conferma la presenza di un errore medico le parti potranno tentare chiudere la vertenza attraverso un accordo conciliativo sull’entità del risarcimento. In caso contrario sarà necessario, per le parti, rivolgersi alla giustizia ordinaria (tribunale).
Come noto i contenziosi in ambito sanitario portano a costose e lunghe cause legali. Per ovviare a questo problema la “legge Gelli” ha previsto che vengano intraprese obbligatoriamente, prima di far ricorso alla giustizia ordinaria, forme di risoluzione “amichevoli” delle controversie in materia di responsabilità sanitaria,[11] rappresentate nella fattispecie dalla “Consulenza tecnica preventiva”[12] o, in alternativa, dalla “Mediazione”. La presentazione del ricorso attraverso lo strumento della “Consulenza tecnica preventiva” costituisce condizione di procedibilità della domanda di risarcimento, quindi, in sostanza, se prima di andare dal Giudice non si tenta la conciliazione, il Giudice non può istruire la causa. Nella “Consulenza tecnica preventiva” il giudice nomina un Consulente Tecnico d’Ufficio (CTU) ossia un consulente esperto nella materia oggetto del procedimento, che prova a far raggiungere alle parti un accordo conciliativo.
Per riassumere, il cittadino che riterrà di aver subito un danno da malpractice medico-sanitaria potrà innanzitutto rivolgersi direttamente all’assicurazione della struttura, come accade oggi per l’RC Auto. Se non soddisfatto potrà agire attraverso la conciliazione obbligatoria. Se neanche questa soluzione funziona potrà intentare un procedimento civile contro la struttura sanitaria, la quale, per non essere condannata al risarcimento dei danni per errore sanitario, dovrà dimostrare di essersi comportata correttamente.
Valutazione della richiesta di risarcimento da parte dell’azienda sanitaria
Le richieste di risarcimento da parte di quei soggetti che ritengono di aver subito un danno come conseguenza di un errore sanitario prendono il nome di sinistri. La normativa vigente[13, 14] dispone che per la gestione dei sinistri e le transazioni che ne derivano, debbano essere costituiti, presso ciascuna azienda sanitaria, appositi Comitati Aziendali di Valutazione Sinistri (CAVS) a cui affidare la formulazione di pareri e/o proposte relativi alle richieste risarcitorie. Al fine di prevenire situazioni di contenzioso e con lo scopo di consentire al cittadino un più rapido soddisfacimento delle proprie richieste e all’Azienda una riduzione dei pesi finanziari, il CAVS si impegna nel tentativo, laddove ne ricorrano i presupposti, di comporre in via conciliativa la controversia.[15] Nel caso in cui ciò non sia possibile per differente valutazione sulla sussistenza della responsabilità o per divergente valutazione nella quantificazione del danno si dovranno intraprendere le vie della giustizia ordinaria.
Qual è il ruolo della struttura sanitaria e dell’assicurazione?
Si parla in questo caso del “responsabile civile” cioè di colui che paga economicamente per il fatto commesso dall’imputato. Nel caso della responsabilità sanitaria, qualora il sanitario commetta il fatto quale dipendente di una struttura pubblica quindi di un ospedale o di una ASL, il responsabile civile sarà la struttura o la ASL di cui il sanitario è dipendente. Qualora il sanitario invece abbia commesso il fatto in una casa di cura privata come libero professionista o nel suo studio medico privato (es. odontoiatra) il responsabile civile sarà la compagnia assicurativa con cui il sanitario avrà stipulato un’adeguata polizza professionale.
In cosa consiste il risarcimento?
Quando l’errore sanitario è provato, il paziente ha diritto al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali. Nella prima categoria, come si evince dal termine stesso, rientrano le voci di spesa sostenute dal paziente a causa dell’accaduto, come ad esempio visite mediche, farmaci ulteriori da acquistare o più costosi, trattamenti, periodi di ricovero, ecc.
Più complesso è il risarcimento del danno non patrimoniale, in quanto comprensivo di più aspetti:
- danno biologico, cioè la lesione temporanea o permanente all’integrità psico- fisica della persona;
- danno psicologico-esistenziale, ovvero la compromissione delle attività realizzatrici della persona umana;
- danno morale, quindi la sofferenza patita;
- danno estetico, ossia l’eventuale lesione dell’aspetto esteriore.[16]
In un processo penale si può essere risarciti?
Il nostro ordinamento consente in caso di lesioni, al paziente, o in caso di decesso del paziente, ai familiari della vittima di costituirsi parte civile nel processo penale ovvero di partecipare al processo attraverso la nomina di un difensore per la presentazione di una richiesta risarcimento danni.
La parte civile può avanzare una richiesta di risarcimento danni che può essere formulata in termini generici e in questo caso, in caso di condanna penale del sanitario al termine dei tre gradi di giudizio, viene riconosciuto un generico diritto della parte civile a ricevere un risarcimento del danno che sarà quantificato successivamente in sede civile, o può avanzare una richiesta di provvisionale cioè la richiesta di una parte del risarcimento che sarà immediatamente esecutiva (una sorta di anticipo) che potrà essere quantificata direttamente dal giudice penale e liquidata subito dopo il deposito delle motivazioni della sentenza di primo grado.
In un altro articolo abbiamo visto quali tutele può mettere in campo l’azienda sanitaria a difesa del professionista in caso di richiesta risarcimento danni da parte del paziente (qui).
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BIBLIOGRAFIA
[1] Legge 24/2017. “Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie”. Art. 7, comma 1
[2] Ex art. 1218 Codice Civile (Responsabilità Contrattuale)
[3] Legge n. 24/2017. Art. 7. Comma 1
[4] Art. 1321 c.c. Nozione di contratto
[5] Accoti P. “Responsabilità sanitaria, il paziente deve provare il nesso di causalità”. Articolo pubblicato on line sul portale giuridico www.diritto.it in data 28 marzo 2018 e disponibile al seguente link
[6] Cassazione civile, ordinanza n. 7044, depositata in data 21 marzo 2018
[7] “Il nesso di causalità nella responsabilità medica”. Articolo pubblicato il 13-04-2019 sul portale giuridico “Studio Cataldi”
[8] Cass. pen., Sez. IV, 28 ottobre 2008, n. 46412
[9] Legge 24/2017. Art. 10
[10] Ibidem. Art. 12, comma 1
[11] Ibidem. Art. 8, comma 1
[12] Ibidem. Art. 8, comma 2
[13] Intesa Stato-Regioni N° 116 del 20-03-2008 punto n. 6 concernente la “gestione del rischio clinico e la sicurezza dei pazienti e delle cure”
[14] Ministero della Salute. Linee guida per gestire e comunicare gli eventi avversi in sanità. Capitolo “Raccomandazione per la risoluzione stragiudiziale del contenzioso nelle aziende sanitarie”. 2011
[15] Ministero della Salute. “Manuale di formazione per il governo clinico: la sicurezza dei pazienti e degli operatori”. 2012, pag. 13
[16] Policarpio I. “Responsabilità medica per errore diagnostico: risarcimento e prova del danno“. Articolo pubblicato sul portale giuridico economico www.money.it il 22 Maggio 2019