Come comportarsi quando il paziente non è in grado di fornire un’adeguato consenso al trattamento, previsto per legge?
La legge 219/2017 contenente “Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento”[1] disciplina le modalità di espressione e di revoca del consenso informato del paziente ai trattamenti sanitari e agli accertamenti diagnostici.
La legge suddetta prevede che nelle situazioni di emergenza urgenza “il medico e i componenti dell’équipe sanitaria assicurano le cure necessarie, nel rispetto della volontà del paziente ove le sue condizioni cliniche e le circostanze consentano di recepirla“.[2] Per quanto ci sia scarsa abitudine (e talvolta reale difficoltà) nell’acquisire il Consenso informato in emergenza urgenza è necessario che, tutte le volte la situazione lo consenta (paziente collaborante ed in grado di comprendere), vengano trasmesse sintetiche informazione sul trattamento che si vuole effettuare. Il paziente, informato delle conseguenze anche gravi a cui si espone rifiutando le cure proposte, può rifiutare qualsiasi trattamento, inclusi interventi salvavita. Per la legge succitata il sanitario è tenuto a rispettare il rifiuto o la rinuncia del paziente e, cosi facendo, andrà esente da responsabilità civile e penale.[3] Il mancato rispetto delle volontà espresse dal paziente può esporre il sanitario al reato di “Violenza privata” previsto dall’art. 610 del codice penale. Anche l’art. 54 del codice penale, che tratta dello “Stato di necessità”, non pone alcun “obbligo” il capo al sanitario, neppure in caso di pericolo per la vita del paziente essendo predominante la libertà del cittadino sancita dalla Costituzione all’art. 32 (“Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge“).[4]
Fin qui se il paziente è in grado di intendere e di volere. Ma che succede quando il paziente è incosciente? Qualora il paziente non sia in grado di esprimersi (es. paziente non cosciente o infermo di mente), non potendosi conoscere le sue volontà, il consenso è da ritenersi presunto pertanto l’operatore dovrà comunque attivarsi e procedere lo stesso al trattamento (terapia, trasporto in Pronto Soccorso, ecc.).[5] La Corte di Cassazione[6] ha ribadito tale orientamento stabilendo che di fronte a una situazione di pericolo per l’integrità fisica del paziente, il sanitario ha l’obbligo di procedere alle cure necessarie per prevenire conseguenze pregiudizievoli o letali anche se non è stato possibile ottenere il consenso.
Anche il TSO può essere legittimamente disposto solo dopo aver esperito ogni iniziativa concretamente possibile di ottenere il consenso del paziente ad un trattamento volontario, solo qualora risulti impossibile si può intervenire con un trattamento sanitario obbligatorio.[7] Nel caso di un paziente che abbia tentato un suicidio, il paziente si intende non in grado di intendere e di volere, perciò neanche in grado di fornire o meno il consenso alle cure.
Alcune persone hanno inteso far conoscere la propria volontà di non essere rianimati in caso di arresto cardiaco facendosi apporre mediante tatuaggio sul torace la scritta “NO CPR” (dove CPR sta ad indicare rianimazione cardio polmonare). Ebbene, in questi casi le norme italiane impongono ai sanitari di non tenere conto di questa volontà in quanto non avente valore legale come invece accade per le DAT (disposizioni anticipate di trattamento) di cui alla sopracitata legge, che sono volontà scritte e firmate di proprio pugno dal paziente.[8]
In conclusione, in casi di urgenza, ossia in tutte quelle situazioni nelle quali il medico (o altro professionista sanitario) non ha il tempo o non sussistono le circostanze per far firmare il consenso informato, e vi è in gioco la vita o la qualità della vita del paziente, il professionista è tenuto a intervenire e la sua attività sarà considerata legittima.
L’obbligo di acquisire il consenso non riguarda esclusivamente il medico ma si estende anche agli altri operatori sanitari, come per esempio il personale infermieristico, per quanto di sua spettanza e competenza.[9, 10]
Puoi trovare altri articoli inerenti il rischio clinico e la sicurezza nel sistema 118 a questa pagina.
Siamo anche su Facebook (qui). Puoi condividere questo articolo attraverso i pulsanti che trovi in basso.
BIBLIOGRAFIA
[1] Legge 22 dicembre 2017, n. 219 “Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento”
[2] Ibidem. Art. 1, comma 7
[3] Ibidem. Art. 1, comma 6
[4] Rodriguez D. “Il paziente può rifiutare anche i trattamenti “salva vita”. Articolo pubblicato sul sito QuotidianoSanità il 10-04-2018 e disponibile al seguente link
[5] Art 54 c.p. “Stato di necessità”
[6] Corte di Cassazione, IV sezione penale, sentenza n. 31628/2018
[7] Corte di Cassazione civile, sez. 3, sentenza n. 509 del 11 gennaio 2023
[8] Benvenuti C., Pedrazzini G. Webinar della Fondazione Svizzera di Cardiologia “Emergenza cardiaca: agire in modo tempestivo e corretto“. 2022
[9] FNOPI. “Codice Deontologico delle Professioni Infermieristiche 2019“. Art. 4, 17, 33
[10] DM n. 739/1994 “Profilo Professionale dell’Infermiere”
Ottimo