(Foto Credit Ansa)
Nella gestione dell’emergenza Coronavirus sono stati commessi molti errori, di cui molti evitabili. Ne parliamo in questo articolo
Dal momento che in ogni organizzazione sanitaria l’errore e la possibilità di un incidente non sono eliminabili, devono essere utilizzati tutti gli interventi possibili perché siano, per lo meno, evitabili. Ma questo è accaduto per il Coronavirus? Probabilmente no. Certo, alla luce di un fenomeno inedito, come il Coronavirus, alcuni errori si possono comprendere, altri meno. Abbiamo analizzato il fenomeno e individuato almeno tre errori che potevano essere evitati e che hanno favorito la diffusione della pandemia nel nostro paese, vediamo quali sono.
Errore 1
A seguito dell’esperienza precedente con l’Influenza Aviaria l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) raccomandava a tutti i Paesi di mettere a punto un “Piano Pandemico nazionale” e di aggiornarlo costantemente.[1] L’intento era evidentemente quello di assicurare, in caso di minaccia infettiva alla popolazione, una rapida ed efficace risposta dei sistemi sanitari, fornendo un elenco di azioni che le autorità sanitarie avrebbero dovuto mettere in atto. Non risulta che tale piano sia stato approntato, né alle prime avvisaglie del virus[2] né dopo la dichiarazione dello stato di emergenza nazionale il 31 gennaio 2020.[3] Se fosse stato fatto forse avremmo oggi più “armi” per fronteggiare l’emergenza Coronavirus (respiratori, posti letto, mascherine, ecc.). L’impreparazione è stata tale che il primo paziente affetto da Coronavirus in Italia, il cosiddetto “paziente 1”, è stato scoperto per caso all’ospedale di Codogno per l’intuizione di una giovane anestesista.
Errore 2
A seguito dell’inizio dell’epidemia in Cina l’OMS raccomandava di “rafforzare, in particolare nei Pronto Soccorso e nei dipartimenti di medicina d’urgenza, le misure standard di prevenzione e controllo delle infezioni”.[4] Di conseguenza il Ministero della Salute invitava tutti gli ospedali ad organizzarsi per “visitare i casi sospetti in un’area separata dagli altri pazienti”.[5] Ci si sarebbe aspettato quindi, da parte di ogni struttura sanitaria, una pronta attuazione di queste disposizioni. Ma qualcosa non deve aver funzionato. Abbiamo visto Pronto Soccorso[6] presi alla sprovvista, privi di precauzioni anche minime, privi di protocolli per la gestione e trattamento dei casi, di linee guida per il triage, di percorsi differenziati per pazienti infetti e pazienti che si presentavano per altri motivi. Ciò ha avuto per conseguenza che una grande mole di medici ed infermieri, senza adeguate misure di protezione, si sono contagiati, costituendo a loro volta un inconsapevole bacino di contagio anche per pazienti e visitatori. Ad oggi migliaia di professionisti sanitari risultano contagiati e decine tra medici, infermieri, soccorritori, volontari hanno perso la vita.
Errore 3
Di fronte all’emergenza Coronavirus l’Italia ha reagito chiudendo immediatamente il traffico aereo da e per la Cina. Si deve considerare però che l’epicentro dell’epidemia in Cina, Wuhan, aveva due voli diretti per Milano ogni giorno. Difficile quindi pensare che non vi fosse stato un contatto con il virus già prima della chiusura. Analisi di questi giorni hanno confermato che il virus era presente in Lombardia già dal 1 gennaio 2020.[7] Il 28 gennaio in Europa si registravano già 3 casi di contagio in Francia e 1 in Germania, paesi che non avevano chiuso i voli con la Cina.
In Italia il 27 gennaio il Ministero della Salute diramava una circolare[8] indirizzata a tutte le strutture sanitarie contenente i criteri per stabilire quando un paziente fosse da considerarsi infetto. Purtroppo tali criteri ponevano in relazione i sintomi clinici con l’area geografica di provenienza del paziente, cosa che induceva i sanitari ad allertarsi solo in presenza di soggetti provenienti dalle aree a rischio o che avevano avuto contatti con qualcuno che proveniva da quelle zone. Nel frattempo il virus aveva modo di passare silenziosamente da una persona all’altra. Ci si domanda, sulla base di quanto si era a conoscenza a quel momento, perché non sono state aggiornate le disposizioni ministeriali eliminando come criterio la provenienza geografica dei pazienti dato che potevano giungere in Italia persone dalle zone a rischio con voli indiretti, cioè passando per altri paesi? L’aver legato strettamente l’infezione al paese di provenienza delle persone in un mondo ormai globalizzato è stato probabilmente la madre di tutti gli errori.[9]
Questi dati dimostrano come vi sia stata una sottovalutazione delle misure da prendere per ostacolare la diffusione del virus nel nostro paese. Quando sarà tutto finito molte persone vorranno delle spiegazioni, certamente lo vorranno le migliaia di persone che hanno sofferto per questo dramma, a cominciare dai familiari dei pazienti e degli operatori sanitari deceduti.
In un altro articolo abbiamo parlato del pericolo rappresentato dall’emergenza Coronavirus per gli Stati Uniti (qui).
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BIBLIOGRAFIA
[1] Ministero della Salute. “Piano nazionale di preparazione e risposta ad una pandemia influenzale” (link)
[2] Burioni R. “Casi sospetti di polmonite in Cina: un nuovo virus all’orizzonte. Attenzione” (link)
[3] Cartabellotta N. “Coronavirus. Gimbe: Il 9% dei contagiati sono operatori sanitari. Estendere esecuzione dei tamponi e Iss modifichi le linee guida” (link)
[4] Epicentro.“Focolaio di infezione da un nuovo coronavirus (2019-nCoV)” (link)
[5] Ministero della salute. Circolare n. 1997 del 22 gennaio 2020 “Polmonite da nuovo coronavirus (2019 – nCoV) in Cina“. Pag. 3 (link)
[6] Il Post. “Ci aspettavamo l’alta marea, è arrivato uno tsunami” (link)
[7] Agenzia Ansa. “Ricerca, il coronavirus era in Lombardia dal primo gennaio” (link)
[8] Ministero della salute. Circolare 2302 del 27 gennaio 2020. “Polmonite da nuovo coronavirus (2019 – nCoV) in Cina” (link)
[9] Basili M., Zappia C. “Allarme virus: si è usata la massima precauzione?” . Articolo pubblicato sul sito web “Lavoce.info” (link)