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In aumento le denunce ai sanitari: colpa o impreparazione?

 

Le denunce ai sanitari non accennano a diminuire, nonostante la nuova legge sulla sicurezza delle cure e la responsabilità professionale. Perchè?

 

(aggiornato ottobre 2023)

Il rischio per gli operatori sanitari (medici, infermieri, ecc.) di compiere un errore durante l’attività di lavoro è sempre presente ed assume importanza non solo dal punto di vista etico ed umano, per i danni al paziente, ma anche per le conseguenze in termini di responsabilità civili e penali a cui possono andare incontro in caso di denuncia.

Purtroppo i dati indicano un costante incremento delle denunce ai sanitari da parte dei cittadini, sia in ambito civile[1] che penale.[2] La legge n. 24/2017 denominata “Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale sanitaria“ (più nota come “legge Gelli”) avrebbe dovuto mettere un freno a questo fenomeno ma non è riuscita completamente in questo intento. 

Buona parte dei casi denunciati vede un’effettiva responsabilità dei professionisti o delle strutture sanitarie, segno di una sofferenza del sistema. Da una ricerca effettuata, che ha valutato numerosi casi di responsabilità professionale, in 2 casi su 3 si è constatata un’effettiva responsabilità della struttura o del medico.[3] 

Perchè le denunce non diminuiscono? Con la nuova legge, il cittadino che intende rivalersi nei confronti di un determinato sanitario dovrà lui stesso dimostrare di aver subito il danno. Ciò costituisce senza dubbio un disincentivo ad intentare eventuali azioni legali per malpractice nei confronti dei sanitari. Diverso è il caso qualora il paziente scelga di chiamare in causa non il singolo professionista ma la struttura sanitaria, in questo caso spetterà all’ospedale o alla Asl provare di non avere responsabilità per i danni subiti dal paziente.[4] Questo è un grosso vantaggio per il paziente, che deve dimostrare unicamente di essersi rivolto alla struttura e di aver subito un danno. Tutto ciò tutela maggiormente gli operatori sanitari ma non produce effetti in termini di riduzione del numero di denunce. Si è semplicemente spostato il problema da un ambito ad un altro, cioè dai singoli professionisti alle strutture sanitarie. L’obiettivo doveva essere invece quello di diminuire le richieste di risarcimento, e non solo i disagi per i professionisti. Se da un lato la legge Gelli ha favorito la chiamata in causa della struttura sanitaria piuttosto che del sanitario, dall’altro questo è a sua volta spesso tratto in causa dalla struttura.

Naturalmente siamo tutti d’accordo che siano necessarie azioni adeguate per affrontare efficacemente il problema. Ma cosa si sta facendo, in questo senso? Come dimostrato dalla letteratura internazionale, le cause degli errori e degli avvenimenti avversi in sanità sono spesso da ricercarsi nell’intera organizzazione del lavoro, che crea le condizioni favorevoli al verificarsi dell’errore, e non solo nel comportamento del singolo.[5, 6] In quest’ottica, la legge “Gelli” ha mai trovato veramente applicazione? Quanti strumenti e quante attività si sarebbero dovute implementate per aumentare la sicurezza delle cure nelle strutture sanitarie, provvedimenti che invece sono stati disattesi? Valutazione dei rischi, cultura della prevenzione, formazione e aggiornamento del personale, benessere organizzativo, miglioramento della qualità, conoscenza della legislazione sanitaria, rispetto delle norme in materia di sicurezza sul lavoro, rispetto delle evidenze scientifiche sono argomenti tutt’ora sconosciuti in molti ospedali. L’applicazione della legge è stata fatta finora a macchia di leopardo, con alcune Regioni che si sono dimostrate più virtuose rispetto ad altre. Solo per fare un esempio, in alcune Regioni non esiste ancora un “Centro regionale per la gestione del rischio clinico” come la suddetta legge dispone.[7] 

Gli stessi Centri regionali, quando esistenti, non assolvono adeguatamente al loro compito: non producendo analisi sull’appropriatezza delle cure, non svolgendo attività di ricerca, non relazionandosi sufficientemente con i responsabili del rischio clinico delle aziende sanitarie, non conducendo visite periodiche presso le stesse aziende per accertarsi dell’applicazione delle buone pratiche, non svolgendo sufficienti azioni di misurazione e monitoraggio degli eventi avversi denunciati dalle stesse aziende.[8] Carenze organizzative si ritrovano anche a livello locale: in molte aziende sanitarie i “risk manager” non sono figure dedicate a tale compito ma professionisti spesso sottratti ad altri incarichi, che si occupano di rischio clinico solo come seconda attività. Da una ricerca è emerso che solo il 62% dei servizi di risk management dispone di risorse umane dedicate.[9]

Purtroppo, si osserva che sempre più servizi di risk management interni alle strutture lamentano insufficienti fondi e risorse per porre concretamente in campo i progetti di miglioramento pianificati e necessari alla maggior sicurezza di pazienti e operatori. Il problema è quindi anche a monte, una legge può essere la più bella del mondo, ma è necessario comunque creare le condizioni per la sua effettiva applicazione, allocando in primis le risorse finanziarie e umane necessarie.[10, 11] Per esempio, nonostante la rilevanza sociale ed anche economica della questione relativa ai contenziosi derivanti dalla responsabilità medica, non esiste attualmente alcun ente pubblico incaricato di raccogliere ed esaminare i dati derivanti da tale fenomeno.[12]

Sebbene gli indicatori di rischio clinico siano ormai presenti da svariati anni nei sistemi di valutazione a diversi livelli, favorendo una presa di coscienza su dove si commettano più errori, mancano, se non con poche virtuose eccezioni, come avviene per la Toscana, vere rilevazioni sulla tenuta del sistema da un punto di vista preventivo e organizzativo, oltre che una vera e propria mappatura dei processi e degli esiti che tali errori comportano, anche da un punto di vista dell’esborso economico.[13]

Un altro esempio è il fatto che attualmente le Regioni assegnino alle aziende sanitarie degli obiettivi di rischio clinico da realizzarsi nell’ambito di “Piani aziendali di Risk Management” (o aventi simile denominazione) che però non hanno alcun valore certificativo dell’attività realmente svolta stante l’assenza di un sistema di monitoraggio e verifica dei risultati dichiarati dalle stesse aziende. Il che è come, ci si passi il paragone, chiedere all’oste se il vino è buono.

 

In un altro articolo abbiamo parlato delle novità introdotte dalla legge “Gelli” (qui).

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BIBLIOGRAFIA

[1] Bollettino statistico “L’attività Assicurativa nel Comparto Salute (2014–2019)” (link

[2] Panoramasanità. “A Roma una denuncia penale al giorno per i medici“. Articolo pubblicato il 21-02-2020 (link

[3] Scarano C. S. “Malasanità. Il medico c’entra solo 3 volte su 10. Ortopedia la branca più a rischio”. Articolo pubblicato sul sito di informazione sanitaria QuotidianoSanità il 03-04-2023

[4] Legge 24/2017. “Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie”. Art. 7, comma 1

[5] Donaldson L., Ricciardi W., Sheridan S., Tartaglia R. “Manuale di sicurezza del paziente e gestione del rischio clinico”. Cultura e Salute editore, Perugia, 2022

[6] Reason J. “Human error: model and management”. BMJ 2001; 320: 768-70

[7] Convegno Fondazione Italia In Salute. “La Gestione del Rischio Sanitario a cinque anni dalla Legge n. 24/2017: le attività dei Centri Regionali per la sicurezza delle cure e dei Clinical Risk Manager a confronto”. Roma, 13 dicembre 2022. Intervento del Dr. Federico Gelli (link)

[8] Ibidem. Intervento della Prof.ssa Fidelia Cascini

[9] Ricerca Relyens, con la collaborazione di Federsanità. “Risk management sanitario in Italia. Indagine su strumenti e risorse destinate alla sicurezza delle cure“. Settembre 2023. Pag. 48

[10] Candido G, Cascini F, Lachman P, La Regina M, Parretti C, Valentini V, Tartaglia R. “Effects of the Italian Law on Patient Safety and Health Professional Responsibilities Five Years after Its Approval by the Italian Parliament”. Healthcare. 2023; 11(13):1858

[11] Tartaglia R., Cascini F., La regina M., Tanzini M. “Sicurezza delle cure, ancora troppo limitate le evidenze quantitative“. Articolo pubblicato sul sito di informazione sanitaria QuotidianoSanità il 02-03-2022

[12] Treglia M, Pallocci M, Passalacqua P, Giammatteo J. et al. “Medical Liability: Review of a Whole Year of Judgments of the Civil Court of Rome“. Int J Environ Res Public Health. 2021 Jun 3;18(11):6019 (link)

[12] Agenas. Rivista “Monitor” n. 48/2023. Pag. 58

 

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