L’erogazione di cure sicure che non causino danni al cittadino, in accordo con quanto stabilisce il codice deontologico del medico e dell’infermiere, rappresenta un principio fondamentale del diritto alla salute
La sicurezza del paziente è, per il medico e l’infermiere, un valore ed un impegno operativo da perseguire in ogni ambito del proprio agire. Un notevole contributo alla sicurezza delle cure è stato dato dai rispettivi codici deontologici che hanno introdotto tra i doveri dei professionisti sanitari la partecipazione ai programmi aziendali di gestione del rischio e la segnalazione degli errori al fine di analizzarli in un’ottica preventiva. Vediamo di seguito cosa prevedono i rispettivi codici dal punto di vista della prevenzione del rischio sanitario e la sicurezza delle cure.
Il rischio clinico nel codice deontologico del medico:[1]
- L’art. 13 del codice di deontologia medica impone la necessità che le prescrizioni ed i trattamenti si fondino sulle evidenze scientifiche disponibili e nel rispetto dei principi di efficacia clinica, di sicurezza e di appropriatezza
- L’art. 14 stabilisce che il medico opera al fine di garantire le più idonee condizioni di sicurezza del paziente contribuendo alla prevenzione e gestione del rischio clinico anche attraverso la rilevazione, segnalazione e valutazione degli errori al fine del miglioramento della qualità delle cure
- L’art. 19 stabilisce che il medico ha l’obbligo professionale di aggiornarsi non solo in materia tecnico-scientifica, ma anche in materia etico-deontologia nonchè gestionale-organizzativa, favorendo la trasmissione delle conoscenze ai discenti e ai collaboratori
- L’art. 24 dispone che le certificazioni siano redatte in modo da “attestare in modo puntuale e diligente” i dati anamnestici ed i rilievi clinici
- L’art. 26 dispone che la cartella clinica sia “completata con completezza, chiarezza e diligenza” (non deve riportare, dunque, abbreviazioni o sigle incomprensibili)
- L’art. 70 stabilisce che il medico deve esigere da parte della struttura in cui opera ogni garanzia affinché le modalità del suo impegno e i requisiti degli ambienti di lavoro non incidano negativamente sulla qualità e la sicurezza del suo lavoro e sull’equità delle prestazioni.
Il rischio clinico nel codice deontologico dell’infermiere:[2]
- Art. 1 – “L’Infermiere (..) Si pone come agente attivo nel contesto sociale a cui appartiene e in cui esercita, promuovendo la cultura del prendersi cura e della sicurezza”
- Art. 9 – “L’Infermiere riconosce il valore della ricerca scientifica e della sperimentazione. Elabora, svolge e partecipa a percorsi di ricerca in ambito clinico assistenziale, organizzativo e formativo, rendendone disponibili i risultati”
- Art. 10 – “L’Infermiere fonda il proprio operato su conoscenze validate dalla comunità scientifica e aggiorna le competenze attraverso lo studio e la ricerca, il pensiero critico, la riflessione fondata sull’esperienza e le buone pratiche, al fine di garantire la qualità e la sicurezza delle attività. Pianifica, svolge e partecipa ad attività di formazione e adempie agli obblighi derivanti dal programma di Educazione Continua in Medicina”
- Art 32 – “L’Infermiere partecipa al governo clinico, promuove le migliori condizioni di sicurezza della persona assistita, fa propri i percorsi di prevenzione e gestione del rischio, anche infettivo, e aderisce fattivamente alle procedure operative, alle metodologie di analisi degli eventi accaduti e alle modalità di informazione alle persone coinvolte”
- Art. 37 – “L’Infermiere, in ragione del suo elevato livello di responsabilità professionale, si attiene alle pertinenti linee guida e buone pratiche clinico assistenziali e vigila sulla loro corretta applicazione, promuovendone il continuo aggiornamento”
- Art. 38 – “L’Infermiere segnala al proprio Ordine le attività di cura e assistenza infermieristica inappropriate e prive di basi, di riscontri scientifici e di risultati validati”
Considerando che il codice deontologico ha natura di norma giuridica vincolante per la professione[3] tali precetti si possono considerare, di fatto, obbligatori. In più occasioni la Corte di Cassazione ha fatto riferimento al codice deontologico, anche dal punto di vista penale, per la valutazione delle condotte di medici ed infermieri.[4]
“Primum non nocere” è il principio da rispettare mettendo in atto comportamenti eticamente responsabili, che assicurino livelli di assistenza essenziali, sicuri, efficaci, efficienti e centrati sul paziente.
L’erogazione di cure sicure che non causino danni al cittadino, in accordo con quanto stabiliscono i codici deontologici del medico e dell’infermiere, rappresenta un principio fondamentale del diritto alla salute. I medici e gli infermieri hanno quindi il dovere di migliorarsi costantemente, impegnandosi nel ricercare soluzioni alle problematiche che possono indurre in errore al fine di evitare potenziali situazioni dannose per se stessi e per le persone assistite.
In un altro articolo abbiamo visto il passaggio di “consegne” come fattore di rischio sanitario (qui).
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RIFERIMENTI
[1] FNOMCeO. “Codice di Deontologia Medica“, approvato il 18 maggio 2014
[2] FNOPI – “Codice Deontologico delle Professioni Infermieristiche“, approvato il 13 aprile 2019
[3] Legge 251/2000. “Disciplina delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione nonché della professione ostetrica”. Art. 1, comma 1
[4] Corte di Cassazione, Sez. V, sentenza 20 giugno 2018, n. 50497. Pagg. 71-72 e 84