Le cadute dei pazienti sono tra gli eventi avversi più frequenti all’interno delle strutture sanitarie e socio sanitarie. Vediamo cosa è possibile fare per prevenire questo pericoloso fenomeno
L’idea che le cadute siano un accadimento inevitabile della vita, in particolare con l’avanzare dell’età, può creare fatalismo e indulgenza riguardo a questa problematica; in realtà si stima che gran parte di queste potrebbero essere prevenute.[1]
L’Agenas, agenzia facente parte del Ministero della salute, ha pubblicato nel 2019 il suo ultimo rapporto[2] relativo a tutti gli “eventi sentinella” (gli eventi avversi più gravi) segnalati dalle strutture sanitarie dal 2016 al 2018. Il maggior numero di segnalazioni in assoluto ha riguardato l’evento caduta dei pazienti con 984 casi, in netto aumento rispetto ai precedenti monitoraggi, indicando come il problema delle cadute sia ancora rilevante nelle strutture sanitarie.
Il fenomeno è destinato ad aumentare drammaticamente nei decenni a venire se non viene affrontato in modo drastico ed efficace. Uno dei principali fattori che determinano l’aumento delle cadute a livello globale è rappresentato dall’invecchiamento progressivo della popolazione, infatti il più alto tasso di decessi correlati alle cadute si riscontra tra le persone di età superiore ai 60 anni.[3] Il fenomeno non ha solo ripercussioni sui pazienti e le loro famiglie ma produce anche enormi effetti in termini di spesa per i sistemi sanitari.
I principali fattori di rischio per le cadute riguardano caratteristiche individuali delle persone (età, sesso, capacità fisica, capacità cognitiva, stato socioeconomico, cultura ecc.) ma anche l’ambiente in cui le persone si trovano ad interagire. Altri fattori di rischio possono derivare dallo stato di salute del paziente come malattie acute, delirio, recupero dopo un intervento chirurgico, lunghi periodi di immobilità o riposo a letto, essere in un luogo sconosciuto, ambienti disordinati, indossare vestiti o calzari non adeguati, difficoltà a dormire, difficoltà nell’andare in bagno, vertigini e adattamento a nuovi farmaci.
Esistono diversi principi e pratiche di prevenzione delle cadute dei pazienti che trovano applicazione nella maggior parte degli ambienti ospedalieri. Una strategia di prevenzione può essere il porre periodicamente a tutti i pazienti semplici domande come, ad esempio, se hanno dolore, se hanno bisogno di assistenza per andare in bagno, se hanno necessità di acqua o altri oggetti necessari da tenere a portata di mano, specie di notte. Le persone anziane in ospedale dovrebbero indossare scarpe robuste e chiuse mentre camminano, piuttosto che ciabatte che possono essere scivolose e costituire un pericolo di inciampo.[4]
Anche il disordine, il pavimento scivoloso, la scarsa illuminazione possono comportare rischi di caduta ambientale per le persone anziane mentre sono in ospedale.
Risorse adeguate di personale possono consentire di svolgere una buona assistenza ai pazienti, laddove la carenza di personale costituisce un fattore di rischio, in tal senso.
Uno degli interventi più promettenti in ambito ospedaliero riguarda l’educazione del personale sanitario e non sanitario ai fattori di rischio.[5] L’istruzione di tutto il personale del reparto (compreso il personale addetto alle pulizie e alla ristorazione) su ciò che può fare per migliorare la sicurezza, come ridurre il disordine che impedisce l’accesso ai corrimano, frenare le apparecchiature con ruote, utilizzare luci notturne e tenere pavimenti puliti e asciutti, è di importanza fondamentale.[6]
È importante notare che l’uso di strumenti di valutazione del rischio di caduta per i pazienti ricoverati non è di per sé sufficiente per prevenire le cadute. Questi strumenti potrebbero non essere più efficaci del solo giudizio dell’infermiere[7] e alcuni esperti sostengono che possono creare una falsa sensazione che “si sta facendo qualcosa” o che tutti i pazienti “a rischio” siano identificati.[8] La valutazione del rischio di caduta non ha alcun impatto senza strategie di prevenzione efficaci e implementate per affrontare tali rischi.[9]
Altri interventi di provata efficacia per ridurre il rischio di cadute dei pazienti sono:
Esercizio fisico: ci sono alcune prove che suggeriscono che l’esercizio fisico può aiutare a prevenire le cadute negli ospedali, in particolare nei contesti subacuti dove la durata del ricovero è più lunga.[10]
Formazione per i pazienti in ospedale: ci sono prove che aumentare le conoscenze del paziente in merito al problema può ridurre le cadute.[11] Ciò può includere attività di istruzione individuale o di gruppo (compresi i membri della famiglia) ma anche l’utilizzo di volantini e opuscoli. I materiali scritti dovrebbero essere adattati alle persone con disabilità visiva (caratteri più grandi e contrasto elevato) o con disabilità cognitiva (linguaggio semplificato e immagini).
Aumentare la mobilità dei pazienti: è importante che le persone anziane in ospedale siano incoraggiate e aiutate a mobilitarsi regolarmente, se è sicuro e possibile farlo, per prevenire la rapida perdita di forza e capacità spesso associata al riposo a letto prolungato.[12] La ricerca ha dimostrato che circa tre pazienti anziani immobilizzati in ospedale su cinque non hanno motivo medico per il riposo a letto e aumentare la quantità di deambulazione aiuta a ridurre la durata della degenza. Alzarsi e continuare a muoversi è particolarmente importante per le persone con più di 80 anni, che possono aspettarsi di perdere il 10% della loro massa muscolare ogni 10 giorni trascorsi in ospedale, l’equivalente di 10 anni di età.[13]
Ai fini della prevenzione e del contenimento del rischio, è importante che l’Azienda/Struttura sanitaria si doti degli strumenti necessari alla raccolta di tutte le segnalazioni di caduta effettuate dagli operatori, indipendentemente dal fatto che esse abbiano causato o meno un danno al paziente (il cosiddetto “Incident reporting”). Ciò per dare modo agli uffici aziendali preposti all’analisi e valutazione dei rischi di approfondire adeguatamente quanto accaduto e restituire agli operatori informazioni, riflessioni, soluzioni per evitare il riaccadimento degli eventi stessi.
In un altro articolo abbiamo parlato delle cadute dal punto di vista della responsabilità professionale degli operatori (link).
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BIBLIOGRAFIA
[1] Ministero della salute. “Raccomandazione per la prevenzione e la gestione della caduta del paziente nelle strutture sanitarie”. Pag. 4 (link)
[2] AGENAS. “Indicatori per la sicurezza delle cure – Allegato 1”. Osservatorio nazionale delle buone pratiche sulla sicurezza nella sanità, 2019 (link)
[3] Global Health Estimates 2019: Deaths by Cause, Age, Sex, by Country and by Region, 2000-2019. Geneva: World Health Organization; 2020
[4] Miake-Lye IM, Hempel S, Ganz DA, Shekelle PG. Inpatient fall prevention programs as a patient safety strategy: a systematic review. Ann Intern Med. 2013;158(5 Pt 2):390–6.
[5] Hill A-M, McPhail SM, Waldron N, Etherton-Beer C, Ingram K, Flicker L et al. Fall rates in hospital rehabilitation units after individualised patient and staff education programmes: a pragmatic, stepped-wedge, clusterrandomised controlled trial. Lancet. 2015;385(9987):2592–9.
[6] Ganz D, Huang C, Saliba D, Shier V. Preventing falls in hospitals: a toolkit for improving quality of care. Rockville, MD: Agency for Healthcare Research and Quality; 2013. Report No.: AHRQ Publication No. 13-0015-EF
[7] Meyer G, Kopke S, Haastert B, Muhlhauser I. Comparison of a fall risk assessment tool with nurses’ judgement alone: A cluster-randomised controlled trial. Age Ageing. 2009;38:417–23.
[8] Oliver D, Daly F, Martin FC, McMurdo ME. Risk factors and risk assessment tools for falls in hospital in-patients: a systematic review. Age Ageing. 2004;33(2):122–30.
[9] Scott V, Votova K, Scanlan A, Close J. Multifactorial and functional mobility assessment tools for fall risk among older adults in community, home-support, long-term and acute care settings. Age Ageing. 2007;36:130–9.
[10] Donald I, Pitt K, Armstrong E, Shuttleworth H. Preventing falls on an elderly care rehabilitation ward. Clin Rehabil. 2000;14:178–85.
[11] Hill A-M, McPhail SM, Waldron N, Etherton-Beer C, Ingram K, Flicker L et al. Fall rates in hospital rehabilitation units after individualised patient and staff education programmes: a pragmatic, stepped-wedge, clusterrandomised controlled trial. Lancet. 2015;385(9987):2592–9.
[12] Dolan B, Holt L. End PJ paralysis. In: Last 1000 days [website]. (https://www.last1000days.com/, accessed 20 November 2020).
[13] Stephenson J. Campaign to ‘end PJ paralysis’ saved 710,000 hospital days. Nursing Times. 21 August 2018