Il benessere organizzativo è la capacità, da parte di un’organizzazione, di favorire e proteggere il benessere di tutti i lavoratori, indipendentemente dal ruolo e dalla mansione che ricoprono. Vediamo di scoprirne di più in questo articolo
Esiste una branca della psicologia, chiamata Psicologia delle Organizzazioni, che studia gli aspetti che riguardano gli ambienti di lavoro e il “clima” che si produce all’interno dell’organizzazione di lavoro. Questa disciplina ha da tempo evidenziato[1] come le aziende sanitarie che riescono a creare un clima organizzativo ottimale raggiungono risultati lavorativi più soddisfacenti.
Infatti, il benessere di un’organizzazione lavorativa è in relazione alla sua capacità di promuovere e mantenere condizioni elevate di benessere e qualità della vita, di sviluppare la sicurezza sul lavoro, di migliorare i livelli di collaborazione e di gestire la conflittualità interna, ponendo obiettivi chiari e condivisi, stimolando la crescita professionale individuale e collettiva.
In un’organizzazione è il benessere delle parti che determina il benessere del tutto. Ogni unità di personale è parte di un team, che è parte di una unità ospedaliera o di un reparto, che è parte a sua volta di una più vasta organizzazione, come l’intero Ospedale o un Dipartimento. Il modo in cui un individuo opera viene determinato e influenzato dagli altri membri del team a dal loro modo di comunicare, sostenere e supervisionarsi l’uno con l’altro.
Su questi presupposti, molte sono le criticità che possono incrinare un giusto rapporto tra personale e organizzazione. L’eccessivo carico di lavoro, le mansioni improprie, la carenza di personale, gli orari di lavoro imprevedibili o protratti sono tutte situazioni di frequente riscontro nelle nostre strutture sanitarie, possono determinare a lungo andare fatica e stress e quindi incidere in senso negativo sul clima che si respira all’interno dell’organizzazione.
La mancanza di attenzione riguardo a queste problematiche può manifestarsi sotto varie forme: il burnout e il mobbing sono le forme più conosciute, ma ci sono anche la conflittualità tra colleghi, l’assenteismo, l’elevato turn-over, la demotivazione, la fuoriuscita anticipata dal lavoro, gli infortuni, la mancanza di senso di appartenenza all’azienda.
Al contrario, fattori che favoriscono il coinvolgimento lavorativo sono: opportunità di apprendimento, supporto dei superiori, comunicazione, autonomia, leadership adeguata. Quando c’è un buon coinvolgimento, i lavoratori tendono ad avere un atteggiamento propositivo ed a rimanere a lungo periodo all’interno dello stesso servizio o reparto, evitando ai dirigenti di dover istruire ogni volta nuovo personale. Se negli operatori sanitari migliora l’identificazione con l’ospedale, si riduce l’assenteismo, migliora la performance organizzativa.[2]
Nel pre-pandemia era già evidente in Italia il fenomeno dei “magnet hospital” ovvero strutture o unità operative capaci di attrarre e mantenere professionisti laddove altre dello stesso ambito, anche vicine, faticano a reperire personale ed hanno tassi di fuga elevatissimi. Tutto è già stato ampiamente studiato da trent’anni in altri Paesi e sono conosciuti gli elementi che “rendono felici” i professionisti di lavorare in un determinato reparto o servizio. Citiamo solo i principali:[3]
- Obiettivi definiti, chiari e condivisi
- Meritocrazia come unico parametro per gli avanzamenti di carriera e la premialità in genere
- Possibilità di esprimere al massimo le proprie potenzialità, interessi ed inclinazioni
- Ruoli di potere molto chiari ma con possibilità di proposta ed ascolto
- Clima di stima e collaborazione con i colleghi di tutte le professioni presenti nelle unità operative
- Carichi di lavoro elevati ma sostenibili (anche lavorare troppo poco è demotivante)
- Misurazione dei risultati (outcome) e feedback costante.
Spesso il lessico in uso nelle strutture ospedaliere è mutuato da quello militare (es. congedo, reparto, divisa, medico di guardia, ordine di servizio, ecc.). Se si vuole considerare la prestazione del personale sanitario o sociosanitario come attività di un combattente contro il nemico allora bisogna considerare anche il seguente motto, molto temuto dagli alti comandi nel conflitto: “Quando il morale delle truppe è basso si perdono le guerre“.
Cosa dice in proposito la normativa?
Una Direttiva del Ministero della Funzione Pubblica prevede che le amministrazioni pubbliche debbano “realizzare e mantenere il benessere fisico e psicologico delle persone, attraverso la costruzione di ambienti e relazioni di lavoro che contribuiscano al miglioramento della qualità della vita dei lavoratori e delle prestazioni“.[4]
L’importanza di accertare il benessere organizzativo nel contesto lavorativo viene ribadito dal DLgs 150/2009 che prevede una rilevazione annuale del benessere organizzativo e il grado di condivisione del sistema di valutazione nonché la rilevazione della valutazione del proprio superiore gerarchico da parte del personale.[5]
Come noto il D.Lgs. n. 81/2008 prevede l’obbligo per il datore di lavoro di valutare lo stress lavoro-correlato.[6] Nell’ambito delle attività di verifica e controllo l’INAIL utilizza alcuni indicatori oggettivi di stress quali, ad esempio, il numero di trasferimenti di personale da un reparto ad un altro, i giorni di assenza, i giorni di ferie non godute, ecc.
Anche il Codice Civile tutela dal rischio stress lavoro correlato attraverso l’articolo 2087 il quale prevede il diritto-dovere per il datore di lavoro di garantire “l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”.
La legge 24/2017 sulla sicurezza delle cure e la responsabilità professionale promuovendo “l’utilizzo appropriato delle risorse strutturali, tecnologiche e organizzative” introduce per la prima volta l’appropriatezza organizzativa nell’ambito delle attività finalizzate alla prevenzione e alla gestione del rischio sanitario.[7]
Da ultimo il Benessere Organizzativo è stato incluso tra gli argomenti obbligatori nel programma di formazione dei nuovi direttori generali delle Azienda Sanitarie Locali e Aziende Ospedaliere.[8]
In un altro articolo abbiamo parlato del rapporto tra benessere nei luoghi di lavoro e sicurezza e affidabilità delle cure (qui).
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BIBLIOGRAFIA
[1] Landrigan et al, 2004; Conway et al, 2004, 2003; Camerino et al, 2008
[2] INAIL. “Carichi di lavoro e sicurezza degli operatori sanitari”. Collana Salute e Sicurezza. Milano, 2017, pag. 43
[3] Beltramello C. “Gli operatori sanitari nella seconda ondata“. Articolo pubblicato sul sito di informazione sanitaria “Saluteinternazionale” il 11-01-2021 (link)
[4] Direttiva del ministro della Funzione Pubblica, Luigi Mazzella, sulle misure finalizzate al miglioramento del benessere organizzativo nelle pubbliche amministrazioni. 24 marzo 2004
[5] DLgs 150/2009, comma 5 art. 14
[6] D.Lgs. n. 81/2008. Attuazione dell’art.1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro. Gazzetta Ufficiale n. 101, S. O. 108, 30 aprile 2008
[7] Legge 24/2017. “Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie”
[8] Conferenza Stato Regioni. Accordo che disciplina i corsi di formazione per i DG di Asl e ospedali previsti dal Dgls 171/2016