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Riformare l’assistenza territoriale per risolvere i problemi della sanità

Con l’invecchiamento continuo della popolazione e la pandemia che ancora incombe è necessario adottare nuovi modelli di assistenza territoriale. Vediamo perchè

 

Con una quota ingente della popolazione di età pari o superiore a 65 anni, destinata ad aumentare negli anni,[1] è necessario cambiare i nostri modelli di assistenza territoriale. Una solida assistenza sanitaria di base può ritardare l’insorgenza delle malattie croniche e di conseguenza ridurre il numero di ricoveri in ospedale e di accessi impropri in Pronto Soccorso.[2] Secondo uno studio[3] il 20% degli accessi in Pronto Soccorso sono impropri, con tutto ciò che questo comporta in termini di sovraffollamento e disagio per i cittadini.

Per far ciò è necessario passare da un modello “passivo” dove l’erogazione dell’assistenza avviene solo nel momento in cui il paziente sta male, ad uno “attivo”, capace di intervenire prima dell’evento acuto, dove si cerca di prevenire la malattia o il suo aggravamento. Perno del sistema è la capacità di monitorare i pazienti fragili e affetti da patologie croniche direttamente a domicilio, attraverso strumenti di medicina a distanza, la cosiddetta telemedicina.

Attualmente le strutture di assistenza territoriale come medici di base, ambulatori, case della salute, distretti, ospedali sono compartimenti stagni che non dialogano tra loro. È necessario creare un sistema interconnesso che operi all’unisono, un processo di integrazione ospedale-territorio tra i diversi nodi assistenziali secondo una logica a rete. Nel nuovo sistema ogni cittadino avrà disposizione un “Fascicolo sanitario elettronico” in pratica una cartella in cui è raccolta la sua storia clinica e le informazioni e i documenti prodotti dal Sistema Sanitario Nazionale (referti, cartelle cliniche, interventi chirurgici, prescrizioni, ecc.), da medici e operatori sanitari anche di strutture diverse (ASL, ambulatori, ecc.). Si eviterà, come accade ancora oggi, di andare in ospedale e ricominciare ogni volta daccapo perché non si conosce nulla della nostra storia passata.

Questa non è fantascienza. Vi sono paesi che da anni utilizzano queste tecnologie per facilitare l’accesso alle cure dei cittadini ed evitare gli sprechi. Per esempio in Israele dove il sistema sanitario è completamente digitalizzato e ruota intorno al paziente. I dati sono condivisi tra tutti gli attori del sistema. Si può utilizzare il cellulare per prendere appuntamento con il medico di famiglia, ricevere i risultati degli esami, rinnovare le prescrizioni dei farmaci e con esse recarsi direttamente in farmacia, anch’essa collegata in rete. I malati cronici sono curati a casa grazie a centrali medico-infermieristiche che monitorano e “parlano” costantemente con i pazienti attraverso tablet di facile utilizzo. I medici vedono da remoto la cartella clinica e visitano il paziente grazie a una telecamera e una serie di dispositivi azionati dagli stessi pazienti o da chi li assiste. Allo stesso tempo gli infermieri possono vedere lo stato di salute di una ferita e intervenire se necessario a domicilio. I pazienti sono forniti di scatole contenenti i farmaci che li avvisano quando è il momento di assumere la terapia e informano i sanitari in caso di mancata assunzione.

Questo sistema riduce considerevolmente il ricorso al ricovero ospedaliero facendo risparmiare preziose risorse economiche che possono così essere utilizzate per altri servizi. È naturale che implementare un simile sistema in Italia avrebbe dei costi ma è anche vero che, secondo stime dell’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità del Politecnico di Milano, si risparmierebbero in questo modo 15 miliardi circa di euro l’anno, una cifra enorme.[4]

Con la pandemia che ancora incombe sulla popolazione questa riforma appare ormai improrogabile. Infatti l’alta contagiosità del Coronavirus ha evidenziato come sia opportuno adottare sistemi che consentano la sorveglianza a distanza dei pazienti,[5] garantendo nel contempo la sicurezza per medici e infermieri.

 

In un altro articolo abbiamo parlato delle Case della salute (qui).

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BIBLIOGRAFIA

[1] Italia Longeva “Proiezioni Istat al 2030 e 2050”

[2] Berchet, C. (2015), “Emergency Care Services: Trends, Drivers and Interventions to Manage the Demand”, OECD Health Working Papers, No. 83, OECD Publishing, Paris

[3] Ibidem

[4] Fondazione Italia in Salute. “La Casa della Comunità 4.0“. Paper della Fondazione n. 2, a cura di Federico Gelli e Narciso Mostarda, prima edizione, anno 2021. Pag. 18

[5] OECD (2020), Realising the Potential of Primary Health Care, OECD Health Policy Studies, OECD Publishing, Paris. Pag. 31 (link

 

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